O si cambia o tutto si ripete: ne era convinto Tiziano Terzani e ne è convinto, ora, anche Giuseppe Conte. Il presidente del Movimento Cinque Stelle, del resto, non può fare altro: se non vuole ripetere le sconfitte delle ultime tornate elettorali, deve per forza sparigliare il più possibile. Magari, facendo in modo che il Movimento Cinque Stelle, dopo la Costituente del 23 e 24 novembre, cambi persino nome e simbolo. Questo è stato uno dei punti della rottura consumata con Beppe Grillo. Ma tant'è: Conte vorrebbe tanto che il 25 novembre il Movimento (o come si chiamerà) diventasse di nome e di fatto il suo partito. Suo e di nessun altro: quasi un fatto di ingegneria genetica, di dna.
Alla vigilia della Costituente da lui indetta all'indomani della sconfitta elettorale delle europee, Giuseppe Conte, novello Tancredi del Gattopardo, sa che tutto deve cambiare affinchè nulla cambi. La scena con il vecchio zio don Fabrizio nel capolavoro di Luchino Visconti (postata su YouTube da Roberto Romagnoli) è un cult quantomai appropriato
E insomma: per non essere sostituito lui, dopo la serie di sconfitte elettorali, Conte vuole cambiare il mondo attorno a lui. Bye bye Movimento Cinque Stelle come l'abbiamo conosciuto finora, dal 4 ottobre 2009, giorno della fondazione dei padri costituenti Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Stop al limite dei due mandati per i parlamentari. Stop alla figura del Garante. Mai più un contratto di consulenza da trecentomila euro per mettersi, per di più, il nemico in casa. L'ex premier vuole un partito a sua immagine e somiglianza. Anche a costo del grillicidio e di perdere qualche Figlio delle Stelle per strada. Per questo, nel corso della Costituente, si porrà il problema se mantenere nome e simbolo. E, se cambiare nome, quale scegliere per la nuova identità.
Finora, il percorso della Costituente ha portato alla selezione di 12 temi. Da questi, entro venerdì, dovrebbero discernere i 12 quesiti su cui i partecipanti all'iniziativa del 23 e del 24 saranno chiamati a esprimersi. Ricordato che, tecnicamente, secondo lo Statuto vigente, l'ordine del giorno dovrà essere stabilito dall'attuale presidente, Giuseppe Conte, sul punto del cambio di denominazione, per il Movimento, ad oggi, in campo ci sono tre opzioni.
La prima è adottare il nome di "Nova", così come è stata denominata l'assemblea costituente, rifacendosi all'accezione astronomica del termine che indica il fenomeno per cui un oggetto stellare mostra un improvviso e notevole aumento di luminosità. Del resto, non è esattamente questo che servirebbe a Conte & company? La loro stella, è proprio il caso di dire, è offuscata ormai da un bel pò.
La seconda opzione su cui i militanti 5 Stelle potranno contarsi è molto meno platonica: è "Progressisti Indipendenti". Per segnalare una volta per tutte che i contiani vorrebbero piantare le tende nel campo progressista, appunto. Ma sempre a modo loro: senza sentirsi legati più del dovuto a eventuali, scomodi alleati di centrosinistra.
In queste ore, in ogni caso, si sta prendendo seriamente in esame anche l'ipotesi di non cambiare nulla. Perché è vero che bisogna cambiare per non morire, ma bisognerebbe pur sempre farlo con la convinzione di cambiare in meglio. E cambiare logo e denominazione, cambiare un brand che nel 2018, solo sei anni fa, ti ha portato a essere il primo partito italiano raggiungendo il 32,7%, un pò di coraggio lo richiede.
Collaterale alla questione del cambio di denominazione, è quella del simbolo. Su questo fronte, si è consumato una vicenda un pò kafkiana. L'Adnkronos ha scoperto che il primo agosto 2023 l'Ufficio brevetti e marchi del Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha respinto la domanda presentata dal Movimento nel luglio del 2021 per registrare ufficialmente il suo attuale contrassegno, quello con la scritta Movimento, il disegno delle 5 stelle, e l'indicazione 2050, la data fissata dagli accordi di Parigi per limitare entro un grado e mezzo l'aumento delle temperature.
La cosa divertente è che il Ministero dell'Interno ha spiegato che quel simbolo non si può registrare in quanto "già utilizzato da un partito politico presente in Parlamento". Quale? Il Movimento, naturalmente. Che nel 2022, all'epoca delle ultime elezioni politiche, era ancora quantomeno cogestito da Grillo l'Elevato.