Andrà a processo Annalucia Cecere, l’ex insegnante indagata per l’omicidio della 24enne Nada Cella, consumatosi a Chiavari il 6 maggio del lontano 1996. A deciderlo, dopo qualche ora di camera di consiglio, i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Genova, presieduti da Vincenzo Papillo, dopo il ricorso presentato dalla pm Gabriella Dotto contro la sentenza con cui la gip aveva disposto il non luogo a procedere nei confronti della donna, di Marco Soracco e di Marisa Bacchioni, accusati, a loro volta, di favoreggiamento e false dichiarazioni.
aveva dichiarato a La Stampa la cugina della vittima, riassumendo il punto di vista dei suoi familiari che, assistiti dall’avvocata Sabrina Franzone, nelle scorse settimane avevano depositato una memoria di 68 pagine a sostegno della decisione della pubblica accusa di impugnare la sentenza di non luogo a procedere emessa lo scorso marzo.
Secondo loro, in pratica, a differenza di quanto ricostruito dal gip, a carico di Annalucia Cecere - assistita dagli avvocati Gabriella Martini e Giovanni Roffo - c’erano abbastanza indizi per un rinvio a giudizio. Così come ce n’erano a carico di Marco Soracco e Marisa Bacchioni, accusati di favoreggiamento e false dichiarazioni e a loro volta prosciolti in sede di udienza preliminare.
Dello stesso avviso, evidentemente, i giudici, che alla fine hanno rinviato tutti e tre a giudizio.
La mattina del 6 maggio del 1996 Nada Cella, 24 anni, fu trovata in fin di vita, con il cranio fracassato, all’interno dello studio in cui lavorava come segretaria a Chiavari, nel Genovese. Poco dopo l’arrivo dei soccorsi, allertati dal capo, Marco Soracco, si spense. Si ipotizzò che fosse caduta e che avesse sbattuto la testa.
L’autopsia stabilì però che era stata colpita con un oggetto contundente: che era stata uccisa. Da chi, a distanza di tanti anni, non è stato ancora chiarito. Le indagini, infatti, partirono subito male: un po’ perché i soccorritori, cercando di salvarla, non si erano preoccupati di non contaminare quella che si sarebbe rivelata essere una scena del crimine.
Un po’ perché la madre di Soracco, Marisa Bacchioni, residente al piano superiore, aveva pulito il corridoio, le scale e l’ingresso dello studio dalle tracce di sangue presenti. Tracce che avrebbero potuto incastrare il killer. I primi sospetti si concentrarono proprio sul figlio: l’ipotesi era che Nada avesse scoperto qualcosa di losco nella gestione, da parte dell’uomo, dello studio, e che quest’ultimo avesse quindi deciso di metterla a tacere.
Nel corso di nuove indagini - avviate nel 2021 su impulso della criminologa Antonella Delfino Pesce, ingaggiata dall’avvocata Franzone - si era poi arrivati al nome di Annalucia Cecere. Secondo l’accusa, che ne aveva chiesto (e ora ha ottenuto) il rinvio a giudizio, potrebbe essere stata lei ad uccidere la 24enne, per motivi di rancore e gelosia per via della posizione da lei occupata all’interno dello studio di Soracco e la sua vicinanza a costui.
Gli indizi? Una testimone avrebbe riferito di averla vista aggirarsi nei pressi dello studio incriminato proprio la mattina del 6 maggio; nella sua abitazione, nel corso di una perlustrazione, furono poi ritrovati dei bottoni simili a quello rinvenuto accanto al corpo della vittima. Bottone che, come ipotizzato fin da subito, si pensava che il killer avesse perso nel corso del delitto. La donna, che nel frattempo si è rifatta una vita a Cuneo, si è sempre proclamata innocente, come gli altri due indagati. Se lo siano davvero sarà chiarito, a questo punto, in sede processuale.