Ergastolo. Questa la pena chiesta in aula dalla pm della Dda Antonella Fratello per Francesco Pio Valda, il 20enne originario di Barra finito a processo per l'omicidio del 18enne Francesco Pio Maimone, avvenuto la notte del 20 marzo 2023 davanti agli chalet di Mergellina, sul lungomare di Napoli.
Secondo la pm, al momento dei fatti "Francesco Pio Valda aveva assunto il ruolo di capoclan" del gruppo Aprea-Valda del quartiere Barra. Questo il motivo per cui tanti testimoni, dopo il delitto, avrebbero deciso di non parlare. Stando alla sua ricostruzione - frutto di una serie di intercettazioni -, il giovane, figlio di Ciro Valda, morto in un agguato di camorra nel 2013, "usciva di casa armato, anche di due pistole" spessissimo.
Lo scopo? "Creare 'tarantelle' (problemi) e 'schiattare' (uccidere)". Come fece la sera del 20 marzo 2023, sparando sulla folla e colpendo (per sbaglio) il 18enne Francesco Pio Maimone, totalmente estraneo alla lite scoppiata poco prima tra il suo e un gruppo rivale. Accuse pesanti nei confronti del 20enne, che davanti alla Corte d'Assise di Napoli rischia, ora, una condanna all'ergastolo.
ha dichiarato il papà della vittima, Antonio Maimone, all'uscita dal tribunale. Lo riporta Il Corriere della Sera. Il riferimento è alla scia di delitti consumatisi sul territorio negli ultimi mesi, costati la vita ai giovanissimi Emanuele Tufano, Santo Romano e Arcangelo Correra.
Nel processo in corso, Valda non è l'unico imputato: sono altre sei le persone in attesa di giudizio. Si tratta di alcuni parenti e amici del 20enne. Persone che, dopo l'omicidio, lo avrebbero aiutato, secondo l'accusa, a nascondersi e a disfarsi dell'arma del delitto, ora accusate a vario titolo di favoreggiamento aggravato e detenzione d'arma: Salvatore Mancini, Pasquale Saiz, Giuseppina Valda, Giuseppina Niglio, Alessandra Clemente e Giuseppe Perna. Per loro la pm ha chiesto pene che vanno dai sei anni e gli otto anni e sei mesi di reclusione. La sentenza è in programma per il 28 novembre prossimo.
Nell'ultima udienza, Valda, in video collegamento dal carcere, aveva preso la parola e chiesto scusa ai familiari della vittima, ammettendo per la prima volta dal suo arresto di aver effettivamente sparato, sostenendo però di non sapere come sia morto il 18enne, perché la sera del 20 marzo, davanti agli chalet, furono sparati anche altri colpi. A suo dire, in pratica, non è detto che il proiettile che uccise Maimone fosse il suo. Tesi condivisa all’avvocato Antonio Iavarone, che lo assiste.
Ma a cui l'accusa, evidentemente, non crede. Nel corso del dibattimento, attraverso l'audizione dei presenti, ha ricostruito cosa successe quella notte, cioè che Valda sparò per colpire il gruppo di cui faceva parte un ragazzo che, tra la folla, per sbaglio, poco prima gli aveva versato un drink sulle scarpe firmate. Maimone, aspirante pizzaiolo, finì nella traiettoria e, ferito al petto, cadde a terra. Morì in ospedale mentre il presunto killer fuggiva per evitare la cattura.