Non sono stati concessi sconti a Paola e Silvia Zani e Mirto Milani, finiti a processo per l'omicidio di Laura Ziliani a Temù. Dopo oltre due ore di camera di consiglio, nella giornata di oggi, 22 novembre 2024, i giudici della Corte d'Assise d'Appello di Brescia hanno confermato per tutti e tre la condanna all'ergastolo già emessa in primo grado.
Attraverso i rispettivi legali, i tre imputati avevano fatto ricorso in Appello tentando di far cadere le aggravanti riconosciutegli in primo grado e sperando, di conseguenza, in uno sconto di pena.
Il difensore di Mirto Milani aveva poi chiesto ai giudici di rivalutare il suo ruolo nell'omicidio, perché, come ricostruito in aula, l'8 maggio avrebbe "provato a far desistere le sorelle Zani dal loro proposito".
Secondo la difesa, inoltre, "anche se non fosse entrato nella stanza, l’omicidio si sarebbe consumato ugualmente". Tutti elementi - quelli citati da La Stampa - che alla fine sono stati respinti. Dopo oltre due ore di camera di consiglio, la Corte ha confermato per tutti e tre la condanna all'ergastolo.
Una buona notizia sia per la pubblica accusa, rappresentata dal sostituto procuratore generale Domenico Chiaro - che ha parlato in aula di "omicidio lungamente premeditato e commesso con atrocità" -, sia per le parti civili.
è stato il commento, all'uscita dal tribunale, dell'avvocato Piergiorgio Vittorini, che assiste la sorella di Paola e Silvia, figlia minore della vittima.
Laura Ziliani, ex vigilessa di 55 anni, fu uccisa l'8 maggio del 2021 a Temù, dove aveva a lungo vissuto con il marito, morto nel 2012 a causa di una valanga. Secondo le ricostruzioni, le figlie Paola e Silvia Zani e Mirto Milani le tesero un vero e proprio agguato, stordendola con delle benzodiazepine per poi strangolarla a mani nude e con l'uso di un cuscino.
Subito dopo, ne nascosero il corpo vicino all'argine del fiume Oglio, tentando di depistare le indagini: presentandosi dai carabinieri, ne denunciarono, infatti, la scomparsa, sostenendo che si fosse allontanata a piedi per andare in montagna e non fosse più tornata (stesso racconto fatto da Benno Neumair, reo confesso dell'omicidio dei genitori Peter e Laura a Bolzano).
La svolta arrivò tre mesi dopo, quando, nel corso di una gita con i genitori, un bambino rinvenne, dietro a un cespuglio, il cadavere della donna, dando l'allarme. A quel punto contro Paola e Silvia Zani e il loro amante Mirto Milani erano già stati raccolti diversi elementi, inclusa un'intercettazione in cui le due sorelle calcolavano quanto avrebbero guadagnato dalla vendita e dall’affitto dei vari appartamenti che la madre possedeva. Scattò, quindi, l'arresto.
Dietro l'omicidio ci sarebbe un movente economico. Ma non è tutto. Nelle motivazioni della prima sentenza, i giudici scrivono che, uccidendo la donna, i tre volevano "gratificare l'ego del gruppo" e celebrarne la coesione.
Agirono, infatti, "di concerto tra loro, concorrendo a comporre, ciascuno per la propria parte, il mosaico del progetto criminoso". Anche Milani, che "pure si è mostrato, all'interno del gruppo, l’elemento più fragile ed il meno convinto nel portare a termine l'uccisione, ne è divenuto di fatto l’autore materiale, ponendo per ultimo ‘la mano grande’ sul collo della vittima".
Non è un caso che siano stati soprannominati "trio criminale".