Si è svolto oggi, 2 dicembre 2024, in tribunale a Genova l'incidente probatorio per il prelievo del Dna di Fortunato Verduci, il carrozziere di 65 anni indagato a piede libero per l'omicidio di Maria Luigia Borrelli, avvenuto nel 1995 e noto come "delitto del trapano". Il prossimo passo sarà la comparazione del suo profilo genetico con quello di "Ignoto 1", trovato sulla scena del crimine; in seguito, l'uomo potrebbe essere rinviato a giudizio. Lo ha spiegato a Tag24 l'avvocato Rachele De Stefanis, che assiste la figlia della vittima.
Per Verduci, difeso dagli avvocati Emanuele Canepa e Andrea Volpe, erano stati disposti l’accompagnamento coattivo e l’esecuzione coattiva del rilievo: anche se si fosse rifiutato, sarebbe stato comunque sottoposto al test del Dna.
L'incidente probatorio, svoltosi alla fine senza intoppi, ha visto l'indagato presentarsi in tribunale e sottoporsi al tampone buccale. "Il suo Dna sarà comparato con tutti i profili già agli atti", ha dichiarato a Tag24 l'avvocato De Stefanis, sottolineando che "l'udienza di oggi non ha cambiato più di tanto la situazione".
"La Procura ha deciso di passare per questo step per scrupolo. A livello di linee guida internazionali, il tampone buccale in incidente probatorio è il non plus ultra, ma il quadro probatorio era già solido", ha aggiunto. "Il perito si prenderà 60 giorni per estrarre il Dna dal tampone e fare le comparazioni, con l'elaborato che sarà depositato entro il 2 febbraio, per essere discusso nell'udienza del 10 febbraio".
"Se, come credo, dovesse esserci piena corrispondenza (tra il Dna dell'indagato e quello attribuito a "Ignoto 1"), nel giro di poche settimane all'indagato verrà notificato l'avviso di conclusione delle indagini. La famiglia attende solo il rinvio a giudizio", ha concluso, anticipando che il prossimo 10 dicembre, insieme ai consulenti di parte, farà il punto della situazione in una diretta su Youtube.
L'obiettivo è determinare se Verduci sia davvero "il killer del trapano". Se davvero, il 6 settembre del 1995, uccise Maria Luigia Borrelli, infermiera a domicilio di 42 anni, in vico degli Indoratori, nel centro storico di Genova. Quasi 30 anni dopo, infatti, sono ancora molti gli interrogativi che avvolgono il caso.
Certa è solo l'arma del delitto: Borrelli, che si trovava nel passo per prostituirsi e raccogliere il denaro necessario a risanare i debiti lasciatigli dal marito defunto, fu colpita prima con uno sgabello e poi con un trapano di proprietà di un certo Ottavio Salis, morto suicida dopo l'iscrizione del suo nome nel registro degli indagati e risultato, alla fine, estraneo ai fatti.
La svolta, dopo la riapertura delle indagini nel 2021, potrebbe essere vicina. Ad incastrare Verduci, in particolare, delle conversazioni (intercettate) che avrebbe avuto con i suoi colleghi, ammettendo - di fatto - l'omicidio. E, appunto, il Dna.
Le tracce biologiche trovate sulle tende del passo in cui Borrelli fu uccisa - risultate compatibili, dopo una serie di accertamenti, con quelle rinvenute su dei mozziconi di sigaretta trovati all'interno di un posacenere nello stesso luogo -, attribuite a "Ignoto 1", sembrerebbero essere sue.
La conferma finale potrà arrivare solo dalle analisi scientifiche.