Avrà inizio il 17 febbraio 2025 il processo di primo grado a carico di Giampiero Gualandi, l'ex comandante della polizia locale di Anzola dell'Emilia (Bologna) accusato di omicidio volontario per la morte della ex collega e amante Sofia Stefani, di 33 anni. A renderlo noto è l'Agi.
Era stato il pm Stefano Dambruso, al termine delle indagini sull'omicidio avvenuto lo scorso maggio, a chiedere per Gualandi il giudizio immediato, che consente di saltare la fase dell'udienza preliminare e di procedere direttamente con il dibattimento senza sconti per l'imputato. Il giudice ha accolto la richiesta e ha disposto che il 63enne venga processato davanti alla Corte d'Assise di Bologna dal prossimo febbraio.
Nel frattempo, Gualandi, difeso dall'avvocato Claudio Benenati, ha ottenuto per la seconda volta in pochi mesi gli arresti domiciliari. La misura gli è stata concessa dal gip Domenico Truppa, dopo che il precedente provvedimento è stato annullato per un vizio di forma. Il giudice ha ritenuto che non ci siano, da parte sua, rischi di fuga o di inquinamento delle prove, né pericoli di reiterazione del reato.
Secondo lui, in pratica, "i fatti sono accaduti in un contesto molto particolare, una relazione extraconiugale ormai satura ed esasperata". Condizioni che "non pare davvero possano essere ripetibili in ambito domestico", dato che
La Procura ha già fatto appello al Riesame. L'avvocato Andrea Speranzoni, che assiste i familiari della vittima, ha annunciato, dal canto suo, di voler presentare una memoria in opposizione alla decisione.
Gualandi resta, comunque, detenuto: al momento non ci sarebbero, infatti, abbastanza braccialetti elettronici per permettergli di tornare a casa. "I dispositivi sono pochi, e a volte si aspetta per settimane. Se passasse troppo tempo, però, il giudice potrebbe revocare la restrizione", ha dichiarato il suo legale a La Stampa.
I fatti di cui è accusato risalgono allo scorso 16 maggio. Quel giorno Sofia Stefani si recò alla "Casa Gialla" di Anzola dell'Emilia, sede della polizia locale, per un confronto con Gualandi, che per un po' avrebbe frequentato all'insaputa del fidanzato. Dalle indagini è emerso che aveva cercato di contattarlo telefonicamente almeno 15 volte, prima di presentarsi sul posto, con l'intento, probabilmente, di convincerlo a tornare con lei.
Secondo Gualandi, lo sparo che ha colpito la donna allo zigomo gli partì accidentalmente nel corso di una colluttazione, mentre era impegnato a pulire l'arma in vista di un'esercitazione di tiro. Secondo l'accusa, il suo fu, invece, un gesto deliberato, dettato da un "sentimento di esasperazione" per la situazione. I suoi colleghi raccontarono, del resto, che non avrebbe avuto alcun motivo per ritirare la pistola d'ordinanza dalla cassetta di sicurezza nella quale era custodita.
Da qui l'idea che, dopo aver appreso dell'arrivo della donna, abbia deciso di armarsi per colpirla. Fu lui, dopo l'omicidio, a chiamare i soccorsi, tentando di giustificare il gesto come un incidente. Il processo dovrà rispondere agli interrogativi che ancora avvolgono il caso, che sconvolse e addolorò l'opinione pubblica.