Sono le 8:45 del 15 luglio 1997 quando, da Casa Casuarina, al numero 1116 di Ocean Drive, a Miami Beach, parte la seguente telefonata al 911: Pronto?! Un uomo è stato ferito con una pistola, per favore. All’arrivo dei poliziotti, decine di persone si sono già riversate sui marciapiedi. A terra, in una pozza di sangue, giace il corpo in fin di vita del re della moda Gianni Versace. Poco distante, c’è il compagno Antonio D’Amico, che implora i paramedici di aiutarlo.
Versace viene caricato su una barella e portato al Jackson Memorial Hospital dove, qualche ora dopo, muore. Alle 8:30 di quella mattina, mentre rincasava dalla sua solita passeggiata nella sua lussuosa villa, era stato colpito ripetutamente con una semiautomatica Taurus PT: prima alle spalle, poi al volto. Il suo assassino, il giovane omossessuale Andrew Cunanan, non sarebbe mai stato catturato, morendo suicida in una casa galleggiante disabitata prima dell’arresto.
Andrew Cunanan era l’ultimo dei quattro figli avuti da Modesto Pete Cunanan, originario delle Filippine, e Mary Ann Schillaci, di origini italiane. Il padre era un ufficiale della Marina statunitense, mentre la madre, affetta da ansia, si occupava della casa.
Da bambino, era loquace e intelligente: una sorta di genio in miniatura con un QI di 147, che i genitori trattavano alla stregua di un principe. Lo chiamavano, non a caso, Prince Andrew. Abituato a fingere di avere più soldi di quanti in realtà ne possedesse fin da piccolo, solo per attirare l’attenzione, divenne, da adulto, un bugiardo patologico.
Raccontava a tutti di essere un ricco ereditiere, ma a mantenerlo erano gli uomini di famiglia ai quali, di volta in volta, offriva il suo corpo e che poi, spesso, ricattava. Nel 1988, dopo l’arresto del padre per truffa, era rimasto a vivere dalla madre a San Diego, ma frequentava spesso San Francisco.
Negli ambienti omosessuali lo conoscevano in tanti: nonostante la sua fama di racconta menzogne, infatti, piaceva. Era di bell’aspetto, ma anche divertente. Nessuno poteva immaginare che dietro la sua faccia da bravo ragazzo si nascondesse il profilo di un pericoloso serial killer.
Uccise per la prima volta nell’aprile del 1997, dopo aver intensificato l’uso delle sostanze che vendeva: metanfetamine, cocaina ed eroina. Le sue vittime si chiamavano Jeffrey Trail, David Madson e William Reese.
L’ultima fu Gianni Versace. Nel luglio 1997, dopo aver studiato attentamente la sua routine mattutina, Cunanan – che ne era sempre stato ossessionato, arrivando a fingere di conoscerlo – lo sorprese in Ocean Drive e lo freddò sotto gli occhi di alcuni testimoni, dandosi poi alla fuga.
La storia dell’omicidio e dell’omicida ha ispirato la seconda stagione della serie TV American Crime Story, che nella prima stagione aveva trattato il caso di O. J. Simpson. Ancora oggi, in molti la ricordano: quando fu ucciso, del resto, Versace era non solo uno degli uomini più ricchi del mondo, ma anche una vera e propria icona di stile e omosessuale.
Una persona gentile e disponibile, a cui molti associavano l’italianità, la fama e il successo. Fu proprio per questo, probabilmente, che divenne un bersaglio per Cunanan: incarnava tutto ciò che il suo assassino aveva cercato di raggiungere, invano, durante tutta la sua vita.