Quando si pensa ad una tragedia come quella del femminicidio-suicidio di Gualdo Tadino, si resta sgomenti nell’apprendere che in una coppia sposata da pochi mesi il marito, Daniele Bordicchia di 39 anni, possa aver ucciso la moglie, Eliza Stefania Feru di 29, sparandole un colpo alla testa mentre la povera ragazza dormiva sul divano, togliendosi poi la vita.
Mi è stato chiesto da più parti come sia possibile che un uomo giovane, in tempi di grande libertà relazionale, abbia deciso, di fronte ad una crisi coniugale, di agire in modo tanto violento. La risposta per chi studia, divulga per prevenire ed assiste le vittime del flagello della violenza di genere, duole in tutta la sua bruciante evidenza, motivando il perché la piaga della sopraffazione femminile e del femminicidio sembri incurabile.
L’amara verità è che la libertà di poter interrompere un legame affettivo, ancor di più se matrimoniale, non viene riconosciuta alla donna da parte di tanti, troppi uomini che non esitano a ricorrere al maltrattamento seguito dalla blandizie e ancora dalle minacce sino all’aggressione, determinandosi persino ad uccidere, piuttosto che a lasciarla andare.
Quando si nega la matrice patriarcale del pensiero che soggiace alla violenza di genere ed al femminicidio, bisognerebbe semplicemente consultare i dati Istat del 2023 relativi agli stereotipi di genere nel nostro Paese, cui aderisce quasi la metà della popolazione adulta considerata tra i 18 ed i 74 anni. I casi di cronaca che continuano a susseguirsi inesorabilmente, dimostrano che il detonatore della violenza, oggi, è proprio il contrasto tra una mentalità retriva, ancora piuttosto diffusa, ed il processo di emancipazione femminile.
Quest’ultimo è sostenuto dalla legislazione vigente per cui, proprio a causa della possibilità di essere indipendente ed allontanarsi da un rapporto finito, la donna paga con la tossicità nelle relazioni sino alla più spietata violenza, la mancata accettazione della sua libertà da parte di uomini che, sempre secondo dati Istat, percepiscono la compagna come un oggetto di proprietà e vivono la sua autodeterminazione a rompere il rapporto con loro, come uno smacco intollerabile. Nell'indagine Istat del 2019, infatti, alla domanda: “Perché alcuni uomini sono violenti con le compagne/mogli?”, ben il 77,7% degli intervistati rispondeva “Perché le donne sono considerate oggetti di proprietà”.
La storia di Daniele Bordicchia ed Eliza Feru è quella di una coppia apparentemente ideale con un equilibrio strutturato da anni evidentemente divenuto soffocante per Eliza che lo infrange agendo in una direzione di maggiore indipendenza. Sarebbe tale cambiamento ad aver scatenato la gelosia, l’ossessione e la distruttività del coniuge, sfociate nel tragico femminicidio suicidio.
Bordicchia aveva infatti scoperto dei messaggi inviati alla moglie da un uomo che per la vittima era solo un amico. La circostanza avrebbe scatenato la possessività di lui e precipitato la coppia in un imbuto per cui Eliza si allontanava di casa per due settimane, inseguendo un’evoluzione desiderata, pare, già dall’estate scorsa e che verosimilmente sarebbe esitata nella separazione. Del resto, Eliza poteva contare su un recente contratto a tempo indeterminato che aveva ottenuto in qualità di OSS in un centro di riabilitazione per bambini disabili, lavoro per cui era molto apprezzata.
Bordicchia, nel frattempo, maturava inevitabilmente la consapevolezza di non poter più controllare la moglie, motivo per cui, dopo averla convinta a tornare nella casa coniugale, ha scelto di sopprimerla togliendosi subito dopo la vita. Numerosi erano i segnali che sarebbe potuta accadere una tragedia: i contenuti aggressivi postati dall’uomo sui social (si descriveva 70% vendicativo, 100% pazzo e tra le citazioni preferite annoverava “Se mi rispetti io ti rispetto, altrimenti ti cancello dalla faccia della terra”), il possesso dell’arma da fuoco ed il fatto che fosse riuscito a convincere la moglie a tornare a casa, probabilmente, come succede quasi sempre in questi casi, con lusinghe e/o suppliche manipolative.
E’ molto importante creare consapevolezza nelle donne, a partire dalle giovanissime, sul fatto che, quando la relazione di coppia si connota come tossica ed è quindi caratterizzata da mancanza di rispetto e di coesione interna, da conflittualità elevata, da aggressività verbale, fisica e social, da controllo e coercizione, in sostanza, dall’abuso di uno dei due partner sull’altro, occorre allontanarsi prima possibile senza voltarsi più indietro.
La necessità si fa urgente se il partner detiene o ha accesso ad armi da fuoco e/o soffre di dipendenza da alcool e/o sostanze stupefacenti (che non è il caso di Bordicchia) o se presenta caratteristiche assimilabili alle 4 tipologie di aggressore domestico elaborate da Margaret Elbow:
Cruciale, specie se non si riesce ad allontanarsi, risulta chiedere aiuto ad una/o specialista Psicoterapeuta esperta/o in queste dinamiche e nel trattamento del trauma, in modo da essere sostenute e non ristagnare o ricadere, previa minaccia o manipolazione, nella morsa del partner abusante.
Soprattutto, una volta ancora e sempre di più, in un Paese percorso e percosso dalla disparità di genere, dobbiamo aiutare le donne a non credere alla narrazione per cui possessività e gelosia patologica siano dimostrazioni d’amore, ma a riconoscere, casi di cronaca alla mano, che costituiscano le fondamenta della costruzione di un orrore.