19 Feb, 2025 - 06:05

Vilipendio, dopo Bossi ora rischia Molko dei Placebo

Vilipendio, dopo Bossi ora rischia Molko dei Placebo

Beh, prendendola con ironia, si può dire questo: quello che ora Brian Molko non deve fare è rivolgersi agli stessi avvocati di Umberto Bossi.

Il frontman dei Placebo risulta indagato dalla Procura di Torino per le invettive che indirizzò a Giorgia Meloni nel corso di un concerto nel 2023 e ora rischia di essere condannato per vilipendio alle istituzioni, lo stesso reato per il quale è stato condannato l'ex leader della Lega.

Vilipendio, Molko dei Placebo come Bossi?

E insomma, questa volta, nei guai ci è finito Brian Molko, il 52enne leader della band inglese dei Placebo, perché, la sera dell'11 luglio 2023, nel corso di un concerto a Stupinigi, in provincia di Torino, si fece prendere troppo dal sacro furore del palco e prese ad insultare Giorgia Meloni definendola "fascista" "razzista" e "nazista". 

Ma non furono solo invettive: alla fine, il cantante indirizzò alla premier italiana anche un gran vaffa. Evidentemente, non sapendo che il copyright di quest'insulto, in Italia, a livello politico, lo detiene Beppe Grillo (naturalmente, si scherza).

Fatto sta che ora le cose stanno così: i pubblici ministeri si sono rivolti al Ministero della Giustizia per perseguire il reato di vilipendio alle istituzioni e da via Arenula è arrivata l'autorizzazione specifica a procedere nei confronti del frontman dei Placebo.

Il precedente di Bossi

Il cantante inglese potrà consolarsi solo col fatto che ha illustri predecessori nella sua posizione. Uno su tutti, Umberto Bossi.

A settembre del 2015, il Tribunale di Bergamo condannò a 18 mesi di reclusione l'ex segretario della Lega, in quel caso per vilipendio al Capo dello Stato Giorgio Napolitano.

Diciamo subito che il successore di quest'ultimo, Sergio Matttarella, nel dicembre 2019, gli concesse la grazia. Ma perché il Senatur fu condannato?

Il 29 dicembre 2011, nel corso di "Berghem Frecc" ad Albino, un paesino della bergamasca, Bossi si accese così tanto che arrivò a definire Napolitano anche "terùn" e a fargli il gesto delle corna.

Hai voglia, per il suo povero avvocato, spiegare che i fatti avvennero in un clima "politicamente pesante, di astio" (era appena nato il Governo Monti) e all'interno di una "situazione di natura politica coerente con l'attività svolta". Hai voglia invocare "l'insindacabilità dei fatti". Hai voglia agitare l'ampolla del Po e annunciare la nascita dello Stato Lombardo-Veneto (che Napolitano definì "grottesco"). Quello dell'annata 2011 fu l'ultimo Bossi separatista, ma la pagò cara.

Per l'Umberto non ci fu nulla da fare anche perché era recidivo in fatto di vilipendio.

Nel 2001, fu condannato per lo stesso reato nei confronti del Tricolore: un anno e quattro mesi di reclusione, precisamente, per vilipendio alla bandiera.

Come andarono all'epoca i fatti? Sentenza alla mano, durante un comizio di quella che nel 1997 era ancora la Lega Lombarda, "volgendo lo sguardo alla bandiera nazionale esposta sulla vicina scuola statale, iniziò il proprio discorso con le espressioni "quando vedo il tricolore io m'incaxxo. Il Tricolore lo uso soltanto per pulirmi il cuxx". 

I carabinieri di Cantù non poterono fare altro che prendere appunti e, di seguito, riferire in dibattimento. Quanto al Tribunale di Como, decise di concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.

Ma tant'è: dopo che la sentenza, nel 2007, divenne definitiva, furono apportate delle modifiche all'articolo 292 del Codice Penale "vilipendio o danneggiamento alla bandiera o ad altro emblema dello Stato". E il leader della Lega se la cavò con 3000 euro di multa.

Ora, bisogna vedere come se la caverà Brian Molko. E chissà se quantomeno, dal precedente del Senatur, potrà beneficiare di un effetto placebo. 

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Giovanni Santaniello
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