12 Apr, 2025 - 14:48

Umani? Solo sulla carta: Piantedosi e Salvini difendono la scelta dei migranti in manette

Umani? Solo sulla carta: Piantedosi e Salvini difendono la scelta dei migranti in manette

Le fascette e le manette ai polsi dei migranti sbarcati in Albania raccontano un'idea precisa di umanità: quella che può essere compressa, spostata come un pacco lontana da occhi indiscreti. Il tutto in nome dell'efficienza di tempi e di costi che si vorrebbero addossare sulle spalle di chi sceglie o è costretto a migrare e sui paesi che dovrebbero riaccoglierli dopo un decreto di espulsione.

Non si tratta soltanto di un certo modo di gestire l'immigrazione, è un cambio di paradigma: l'essere umano come problema logistico, l'irregolarità come colpa irreversibile, il confine come luogo di punizione. Con l'Albania che, ancora una volta nella storia recente, diventa il luogo dove l'Europa delega la parte più problematica delle sue scelte politiche.

Nel frattempo, Matteo Salvini e Matteo Piantedosi esultano: "Le fascette sono una prassi legittima. Se non avessimo agito così, sarebbero serviti più soldi, più agenti, un'altra nave".

Migranti trasferiti in Albania con fascette ai polsi, è polemica

Iniziata come una semplice operazione logistica, un trasferimento di persone dal punto A al punto B (cioè dai CPR italiani a una struttura gemella in Albania), il primo viaggio dei 40 migranti verso il centro di Gjader ha però mostrato un altro aspetto della strategia politica che il governo di centrodestra vuole usare contro l'immigrazione irregolare.

Sulla banchina del porto albanese di Shengjin, l'eurodeputata del Partito Democratico Cecilia Sala ha avuto modo di denunciare l'uso di manette e fascette ai polsi dei migranti. Neanche il tempo di sbarcare che sono stati fatti salire su un autobus in direzione del CPR.

Matteo Piantedosi, ministro dell'Interno, ha sottolineato che tra i migranti ci sarebbero "condanne per tentato omicidio, violenze sessuali, furti". Una narrazione selettiva e generalizzante, che criminalizza per giustificare. Il ministro dell'Interno utilizza anche come spiegazione la necessità di non gravare ulteriormente sul bilancio statale, perché senza le manette e le fascette le misure di sicurezza sarebbero dovute essere più sostanziose:

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Una normalissima prassi che fa parte delle procedure operative che adottano gli operatori in piena autonomia. Questo non significa per me prendere le distanze, anzi lo rivendico e condivido. Se non si fosse agito in questo modo, avremmo dovuto quadruplicare gli operatori di polizia per l’accompagnamento, avremmo dovuto fare un trasferimento molto costoso e saremmo stati accusati di aver speso molti soldi.

Un ragionamento che traduce le persone in numeri, in costi di trasporto, da ostacoli alla gestione.

Piantedosi e Salvini difendono la misura: "Sono clandestini con precedenti penali"

Il decreto del 28 marzo ha dato il via libera al trasferimento anche degli irregolari già sul territorio nazionale, privi di diritto d'asilo. Una misura che permette il trattenimento fino a 18 mesi in Albania. Ma a sollevare dubbi non è soltanto il merito della decisione, quanto le immagini e il linguaggio con cui viene raccontata.

Il leader della Lega Matteo Salvini, intervenendo alla Scuola di Formazione del partito, ha ironizzato sulle polemiche nate dalle denunce dem e per una volta, almeno a livello di slogan, sembra concordare con quanto affermato dal collega di governo Piantedosi (pur mirando a prenderne il posto).

Se sono migranti sono automaticamente persone pericolose, e quindi c'è necessità di strumenti per gestirli in sicurezza: chi si lamenta è un'anima candida che non ha capito nulla di come si deve combattere l'immigrazione clandestina.

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Se degli irregolari, clandestinamente presenti sul territorio nazionale, in via di esplusione, con precedenti penali, vengono accompagnati in manette in un centro per rimpatri, dove è il problema? Dovevo mettergli in mano un uovo di Pasqua? Va benissimo così, va benissimo così.

Tavolo Asilo e Immigrazione: "È una deportazione mascherata"

Secondo il Tavolo Asilo e Immigrazione, si tratta "di un'insopportabile esibizione di crudeltà" e di "una deportazione mascherata", priva di giustificazione reale se non quella di rimediare al flop del Protocollo con l'Albania. Anche Riccardo Magi, segretario di +Europa, parla di "un sadico gioco dell'oca sulla pelle dei migranti, solo una enorme spesa inutile, pagata dai cittadini italiani".

La logica che sorregge però l'operazione è più profonda e riguarda l'estraneità. Chi è straniero, chi è senza documenti, chi ha un foglio di via in tasca, diventa corpo da spostare, da contenere, da silenziare. Si spezza così ogni principio di umanità su cui si dovrebbe basarsi il diritto: non più soggetti da tutelare, ma elementi disturbanti da rimuovere.

Con altri toni e forme lo stesso approccio è stato applicato negli Stati Uniti: la seconda amministrazione Trump ha amplificato l'uso di muri, gabbie, separazione dei bambini dai genitori alla frontiera, esaltando il "braccio duro della legge" sui profili social ufficiali dell'amministrazione statunitense.

Intanto, il costo dell'operazione italiana rimane elevato. Economicamente, perché i trasferimenti via mare, le strutture albanesi, la sorveglianza e i ricorsi legali assorbono risorse pubbliche. Politicamente, perché segnano una frattura con il diritto internazionale e con i principi di Stato di diritto. Umanamente, perché l'idea che una persona possa essere prelevata, trasportata, immobilizzata e rispedita senza spiegazioni né alternative segna un punto di non ritorno.

I tre punti salienti dell'articolo

  • Uso delle fascette: il trasferimento dei migranti verso l’Albania è stato effettuato con manette e fascette ai polsi, generando polemiche e accuse di disumanizzazione da parte dell’opposizione e di diverse organizzazioni per i diritti umani.

  • Giustificazioni governative: Piantedosi e Salvini difendono la misura come necessaria per ragioni logistiche e di sicurezza, trasformando una questione umanitaria in un calcolo di efficienza e risparmio.

  • Cambio di paradigma: l'operazione riflette una visione sempre più repressiva dell'immigrazione, in cui le persone sono trattate come problemi da gestire, piuttosto che come soggetti titolari di diritti.

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