Si chiamava Samia Bent Rejab Kedim la donna di origine tunisina che ieri, 17 aprile 2025, è stata uccisa dall'ex marito Mohamed Naceur Saadi, suo connazionale, a Udine. Aveva 46 anni, tre figli - di cui due ormai adulte - e un passato segnato da maltrattamenti e violenze. Sognava di ricostruirsi una vita.
Samia lavorava come addetta alle pulizie presso l'ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine. Fonti locali raccontano che "conosceva bene l'italiano" e che dalla comunità "era benvoluta". Arrivata dalla Tunisia oltre venti anni fa, si era ormai integrata. Da poco, dopo molte difficoltà, si era lasciata alle spalle un matrimonio problematico.
Il 15 aprile - due giorni prima di essere aggredita - si era recata in Tribunale per formalizzare la separazione dall'ex marito, Mohamed, condannato a cinque anni per maltrattamenti, lesioni e violenza sessuale e finito ai domiciliari a Monfalcone (Gorizia) con l'obbligo di indossare il braccialetto elettronico.
Mohamed, 59 anni, non accettava la decisione dell'ex moglie di ricominciare. Approfittando di un permesso di due ore, e incurante del divieto di avvicinamento disposto dal giudice, il 17 aprile 2025 le ha teso un agguato e l'ha uccisa.
Quando il corpo di Samia è stato ritrovato senza vita nell'appartamento che condivideva con il figlio più giovane, adolescente, in via Joppi, i sospetti si sono immediatamente concentrati sull'uomo.
Poco dopo essersi messi sulle sue tracce, gli inquirenti hanno appreso che anche lui era morto. Durante la fuga sulla statale Pontebbana, all'altezza di Basiliano, si è schiantato frontalmente con la sua auto contro un camion cisterna.
Un incidente che non gli ha lasciato scampo e su cui le autorità - coordinate dal sostituto procuratore Luca Olivotto - stanno ora indagando. Il sospetto è che il 59enne si sia tolto la vita, uscendo volontariamente fuori strada. Sull'asfalto, nel punto interessato dal sinistro, non sono stati rilevati segni di frenata.
Il servizio di Antenna Tre - 17 aprile 2025.
Gli ementi da chiarire sono molti. La certezza è che la morte di Samia segue anni di vessazioni da parte dell'ex marito, che già nel 2020 l'aveva minacciata dicendole: "Se chiederai il divorzio ti ammazzerò, non importa se andrò in galera". A riportarlo è Udine Today, che cita la relazione dei servizi sociali che seguivano la donna e i figli, a loro volta oggetto di violenze da parte del padre.
Samia era spaventata, ma aveva trovato il coraggio di denunciare. Cosa che, invece, non aveva fatto Teresa Stabile, uccisa dal marito Vincenzo Gerardi, con il quale si stava separando, l'altro ieri, 16 aprile, a Samarate, in provincia di Varese.
La donna, 46 anni, aveva confidato all'avvocata che si stava occupando delle pratiche del divorzio di essere "terrorizzata" dall'uomo, che era diventato sempre più ossessivo nei suoi confronti, arrivando a controllare i suoi spostamenti.
Chi la conosceva racconta che "non voleva denunciarlo" proprio per paura di ritorsioni. Ma il figlio maggiore, preoccupato, aveva comunque avvisato le forze dell'ordine dei comportamenti del padre. Non è bastato.
L'esatta dinamica dei fatti è da ricostruire. Stando a quanto emerso finora, Gerardi avrebbe però atteso che l'ex moglie rincasasse (abitava con i genitori, in un appartamento adiacente a quello che avevano condiviso) per accoltellarla e tentare il suicidio.
Quando i carabinieri lo hanno raggiunto - allertati da un testimone - aveva ancora l'arma, un coltello da cucina, in mano. Fermato con un taser, è stato portato in caserma e interrogato, dove ha confessato. Si pensa che avesse premeditato tutto.