La stagione del Milan si è chiusa nel peggiore dei modi: prima l’eliminazione dall’Europa e la cocente sconfitta nella finale di Coppa Italia contro il Bologna, una gara che ha rappresentato la definitiva caduta di un’annata piena di errori, tensioni e occasioni mancate, poi le contestazioni senza fine dei tifosi. I rossoneri, incapaci di tenere il passo in campionato e inconsistenti nelle coppe, si ritrovano ora in una situazione delicata a dir poco, non solo sportiva ma anche ambientale.
L’umore dei tifosi è ai minimi storici, e la delusione si è trasformata in rabbia. Proprio oggi, mentre la squadra si apprestava ad affrontare l’ultima di campionato contro il Monza, una vasta contestazione ha scosso Casa Milan, sede del club. Un segnale forte, un grido di protesta che va ben oltre il semplice malumore da risultati sportivi negativi. Il cuore del tifo rossonero ha deciso di farsi sentire, e lo ha fatto con una voce potente e organizzata.
Già dalle prime ore del mattino, migliaia di tifosi si sono radunati sotto la sede del club per lanciare un messaggio inequivocabile alla proprietà RedBird, alla dirigenza e alla squadra. Una manifestazione pacifica ma durissima nei toni, guidata dalla Curva Sud Milano, che ha denunciato il totale distacco tra chi comanda il Milan e chi lo ama da sempre. Striscioni, cori e un messaggio articolato, letto pubblicamente e rivolto direttamente ai vertici societari.
Gli ultras hanno scelto un linguaggio netto: “Non esiste curva, club, rosso o arancio: esistono i milanisti e il milanismo. Tutto ciò che in sede si sono dimenticati da un pezzo”. La protesta non si è fermata lì: a San Siro, durante la gara contro il Monza, la Curva ha annunciato la propria presenza solo per i primi 15 minuti, per poi lasciare lo stadio in segno di rottura totale con la società. Un gesto forte, simbolico, che conferma quanto la frattura sia ormai insanabile.
Secondo la Curva Sud, le colpe di questa situazione sono chiare e ben identificate. In cima alla lista dei responsabili c’è Paul Singer, accusato di aver speculato sul Milan senza reale interesse sportivo, e Gerry Cardinale, indicato come colui che ha trasformato il club in un progetto commerciale “da New York”, distante anni luce dallo spirito milanese.
Durissime anche le parole nei confronti dell’amministratore delegato Giorgio Furlani, definito “ottimo ragioniere ma inadeguato per guidare un gruppo sportivo”, e ritenuto responsabile del disastro tecnico e dell’esclusione dalle competizioni europee. Non è stato risparmiato nemmeno Paolo Scaroni, colpevole di aver fallito sul tema stadio e incapace di rappresentare con dignità la storia del club.
La delusione ha colpito anche Zlatan Ibrahimović, idolatrato da calciatore ma considerato inadatto nel suo ruolo di consulente, e Geoffrey Moncada, al quale si imputa una campagna acquisti incostante e priva di visione. Per la Curva, l’unica soluzione possibile è una rifondazione radicale: “Vendete o fatevi da parte. Lasciate spazio a gente del mestiere, magari anche milanista”.
Il bilancio di questa stagione non lascia spazio a interpretazioni: i conti societari saranno anche in ordine, ma il patrimonio più importante del Milan – la sua gente – è stato abbandonato. La rabbia dei tifosi non nasce solo dai risultati sportivi, ma da un sentimento di tradimento. “Avete ucciso la passione di milioni di tifosi”, hanno scritto gli ultras.
Il Milan, che fino a pochi anni fa celebrava lo scudetto più bello e il ritorno in Champions con Paolo Maldini, è oggi una squadra senza identità, senza guida, e senza visione. Le contestazioni di oggi segnano un punto di non ritorno: la rottura tra società e tifoseria è evidente e profonda. Il club dovrà prendere decisioni coraggiose per ricostruire non solo una squadra competitiva, ma soprattutto un legame vero con chi lo sostiene da sempre. Perché senza milanismo, il Milan non esiste.