Negli ultimi mesi, dopo la sua partecipazione a Sanremo con Anema e Core (dal titolo chiaramente napoletano) Serena Brancale è diventata oggetto di critiche da parte di alcuni colleghi e concittadini pugliesi.
Come se non bastasse, durante un concerto a Napoli la cantante ha detto ai suoi fan: "Se rinasco, voglio essere napoletana". Tutto questo ha esacerbato il dibattito.
Tra chi l’accusa di tradire le proprie radici e chi difende la libertà artistica, la cantante ha deciso di chiarire la sua posizione. Scopriamo i dettagli.
Serena Brancale, talentuosa cantante originaria di Bari, nome noto da tempo soprattutto per chi ama il jazz, ha visto la sua carriera impennarsi grazie al successo virale del brano "Baccalà". Un pezzo che, con la sua freschezza e immediatezza, ha conquistato un vasto pubblico, soprattutto sui social.
Successivamente, però, dopo la sua partecipazione a Sanremo con Anema e Core, sono arrivate le critiche e le polemiche provenienti proprio dalla sua terra, la Puglia, e da alcuni concittadini.
Già ai tempi di Baccalà non mancarono le critiche. All'epoca acune colleghe artiste non le risparmiarono frecciate. In particolare, Miss Fritty e Mama Marjas sollevarono perplessità sull'operazione artistica della Brancale.
Al centro del contendere, l'uso del dialetto barese nel brano incriminato. Secondo le critiche, questo utilizzo non sarebbe risultato del tutto "autentico".
Miss Fritty, nel suo brano-risposta intitolato "Gelatine", espresse tutta la sua critica, sfociando quasi in un "dissing" in piena regola.
Mama Marjas, dal canto suo, pur con toni forse diversi, pose l'accento su una percepita mancanza di originalità e su un presunto allontanamento dalle vere radici musicali pugliesi.
Ma le acque per Serena Brancale si sono agitate anche ultimamente. A gettare ulteriore benzina sul fuoco delle discussioni identitarie è stata una sua dichiarazione durante un concerto tenuto al Palapartenope di Napoli.
In un momento di trasporto e, probabilmente, di omaggio alla calorosa accoglienza del pubblico partenopeo, la cantante ha affermato: "Sono orgogliosa di essere barese e pugliese ma, come disse una volta Lucio Dalla, se dovessi rinascere vorrei rinascere napoletana".
Una frase che, se estrapolata dal contesto di un live e amplificata dai social, come si può intuire, ha scatenato un vespaio di reazioni, soprattutto tra i suoi concittadini baresi.
Alcuni l'hanno interpretata come una sorta di "tradimento", un rinnegare le proprie origini a favore di un'altra identità cittadina, per quanto prestigiosa e amata come quella napoletana.
Le reazioni a quella frase su Napoli, purtroppo, non si sono limitate a semplici critiche o a un dissenso civile. La polemica è rapidamente degenerata, sfociando in insulti e attacchi personali di una violenza verbale sconcertante, che va ben oltre l'orgoglio campanilistico.
Tra gli attacchi peggiori c'è chi non ha esitato a scrivere a Serena Brancale frasi come: "Sei una vesuviana, colerosa, terremotata. La vergogna di ogni barese".
Un commento che non solo utilizza stereotipi offensivi e legati a tragedie per denigrare un'intera popolazione (quella napoletana, e di riflesso la cantante), ma che esprime anche un giudizio tagliente e ingiurioso sulla sua appartenenza alla comunità barese.
Ma si è scesi ancora più in basso. Un altro utente ha infatti rincarato la dose con un messaggio intriso di razzismo e intolleranza, scrivendo: "Ovviamente sei una zingara come i napoletani, fatti adottare e sparisci".
Queste parole, che associano in modo dispregiativo i napoletani a un gruppo etnico spesso bersaglio di discriminazione e che invitano esplicitamente la cantante a "sparire", lasciano davvero sgomenti.