Dopo una vita passata nell’ombra, a fare giustizia per chi non può difendersi, Robert McCall arriva al suo capitolo più sicuramente più intimo e forse anche più risolutivo.
Equalizer 3 – Senza Tregua, ora al primo posto tra i film più visti su Netflix, chiude la trilogia con un finale che lascia il pubblico sospeso tra sollievo e incertezza.
Tra vendetta, redenzione e un’imprevista pace interiore, McCall si ritrova in un luogo che non è solo fisico, ma anche simbolico. E proprio lì si gioca il senso profondo dell’ultima scena. Ma cosa significa davvero quel finale? Ecco i dettagli.
Prima di continuare nella lettura, guarda il trailer ufficiale, grazie al canale FilmIs Now:
Attenzione: se non avete ancora visto "The Equalizer 3", questo articolo contiene importanti rivelazioni sul finale. Procedete a vostro rischio e pericolo!
La resa dei conti finale in "The Equalizer 3" è di quelle che non si dimenticano facilmente.
Il cattivissimo boss Vincent Quaranta, interpretato con agghiacciante efficacia dall'italiano Andrea Scarduzio, ha terrorizzato per anni la tranquilla cittadina italiana con la sua brutalità e perpetrando omicidi efferati per imporre il suo dominio. Ma non aveva fatto i conti con Robert McCall.
Quando McCall decide che è ora di porre fine al suo regno di terrore, si reca nella sua sontuosa dimora e, uno ad uno, elimina le sue guardie del corpo.
Vincent, ormai in preda al panico, inizia a sparare all'impazzata, una scena che, come ha notato lo stesso Scarduzio, a molti ha ricordato il finale di "Scarface" con Al Pacino nei panni di Tony Montana – un omaggio involontario, a detta dell'attore.
Ma la vendetta di McCall è un piatto che lui ama gustare freddo. E così inietta al boss le sue stesse droghe mortali, per poi trascinarlo, a piedi nudi e in pigiama, nella piazza del paese.
Una fine lenta e umiliante per il boss. Scarduzio ha raccontato di aver girato queste intense scene finali per ben 10 notti durante l'inverno, e di aver riportato diverse cicatrici come "ricordo" di quelle cadute.
L'unica scena in cui è stata usata una controfigura è stata quella della morte definitiva di Vincent, investito da un'auto. "Tutto il resto ero io," ha dichiarato Scarduzio, "indosso [le cicatrici] con orgoglio."
Ma facciamo un passo indietro. Per gran parte del film, ci siamo chiesti perché il nostro giustiziere preferito, Robert McCall (l'inossidabile Denzel Washington), si trovasse così lontano dalla sua Boston, nel cuore del Sud Italia.
E perché avesse scelto di coinvolgere una giovane e un po' inesperta analista della CIA, Emma Collins (interpretata da Dakota Fanning), per aiutarlo a smascherare i loschi traffici della camorra locale.
Il finale scioglie ogni dubbio. Emma Collins non è una sconosciuta qualsiasi. È la figlia di Susan Plummer (Melissa Leo) e Brian Plummer (Bill Pullman), la migliore amica, confidente ed ex collega dei servizi segreti di McCall.
Ricorderete che in "Equalizer 2", l'omicidio di Susan aveva scatenato la furia vendicativa di McCall, lasciandolo con una sete di giustizia (e di morte) che lo ha tormentato fino a questo terzo capitolo.
Coinvolgere Emma, informandola dei legami tra la mafia e il terrorismo internazionale attraverso il traffico di droga, è stato il modo di McCall di onorare la memoria di Susan e, allo stesso tempo, di "passare il testimone" in qualche modo.
Come ha spiegato il regista Antoine Fuqua, che ha diretto Washington in tutti e tre i film, "Stava facendo un favore a Susan... stava segretamente fornendo (a Collins) informazioni, per aiutarla a fare carriera, ma anche per insegnarle qualcosa."
Emma, dopo essere sopravvissuta a un attentato con un'autobomba, viene promossa per il suo lavoro sul caso. E una delle ultime, toccanti frasi del film è proprio di McCall a Emma, in ospedale: "Tua madre sarebbe orgogliosa di te."
A proposito, per i fan che si chiedevano che fine avesse fatto Brian Plummer dopo il tentativo di omicidio in "Equalizer 2" (non si era più visto né nel resto del film né in questo terzo capitolo), Fuqua rassicura tutti: "È sano e salvo. Probabilmente vive a casa."
Ma qual era stata la molla che aveva spinto McCall in Sicilia all'inizio del film, dove lo vediamo compiere un massacro senza pietà? Lo spiega lui stesso a Emma.
Ai tempi di "Equalizer 2", quando faceva l'autista per Lyft a Boston, aveva caricato un passeggero, Greg Dyer, che gli aveva raccontato di come gli fosse stata rubata l'intera pensione: 366.400 dollari. McCall aveva rintracciato i responsabili fino in Italia, li aveva eliminati e, nel farlo, aveva scoperto il vasto giro di droga.
Quei 366.400 dollari, McCall li aveva prelevati dalle casse dei criminali. E, dopo aver smantellato l'intera rete, ordina a Emma di restituire quella somma, in contanti, allo sbalordito Dyer e a sua moglie.
"Dyer viveva nella stessa strada in cui abitava McCall," ha spiegato Fuqua. "I soldi sono la ricompensa finale dopo il suo ultimo capolavoro di violenza." Un cerchio che si chiude.
Nonostante tutto, alla fine di "The Equalizer 3", Robert McCall è ancora in piedi. I suoi giorni da vigilante sembrano conclusi, e pare essersi finalmente stabilito nella tranquilla cittadina italiana che ha contribuito a far vivere in pace.
Uccidere McCall in questo capitolo finale non è mai stata un'opzione per Fuqua. "Sarebbe troppo deludente vedere un uomo che fa la cosa giusta finire in tragedia," ha dichiarato.
Ma tenerlo in vita lascia la porta aperta a un possibile ritorno, nonostante il film fosse stato presentato come l'ultimo della saga. "Se Denzel mi chiamasse con una sceneggiatura fantastica che lo appassionasse," ha ammesso Fuqua, "allora non direi di no a Denzel Washington."
Quindi, per ora, McCall si gode la meritata pace. Ma chissà cosa riserva il futuro...