La Fiorentina ha centrato all’ultima giornata un obiettivo tutt’altro che banale: la qualificazione alla prossima Conference League. Un traguardo diventato possibile solo grazie alla sorprendente sconfitta interna della Lazio contro il Lecce, che ha spalancato ai viola le porte dell’Europa per il quarto anno consecutivo. Un risultato che, visto nel suo valore assoluto, certifica una certa continuità sportiva, utile anche sul piano economico e del prestigio.
Ma l’entusiasmo per questo successo è durato poco. A stagione appena conclusa, la società viola è finita nel pieno di una tempesta che va ben oltre il campo da gioco. Allenatore dimissionario, tensioni con i tifosi, accuse incrociate e dirigenti contestati: a Firenze si respira un’aria tesa e carica di rancore. Ma cos’è successo esattamente? Perché, nonostante l’Europa conquistata, la Fiorentina sembra sull’orlo di una crisi profonda?
La scintilla è scoppiata con le dimissioni di Raffaele Palladino, ma la fiamma potrebbe estendersi molto più in là. Dopo l’addio a sorpresa dell’allenatore, anche Daniele Pradè – direttore dell’area tecnica – potrebbe decidere di fare un passo indietro. Secondo quanto rivelato dal Corriere dello Sport, Pradè avrebbe preso in considerazione l’idea di lasciare, spinto dalle pesantissime critiche ricevute da parte della Curva Fiesole, che lo ha indicato come uno dei principali responsabili della stagione al di sotto delle aspettative.
Gli ultras hanno persino invitato il dirigente romano a “seguire l’esempio del figlio Palladino” e “levarsi dalle pa**e”, con parole che non lasciano spazio a interpretazioni. La società, tramite fonti interne citate dal Corriere Fiorentino, ha smentito ogni ipotesi di dimissioni, e per ora non ci saranno ulteriori repliche ufficiali ai tifosi, nel tentativo di non gettare altra benzina sul fuoco. Tuttavia, la frattura è profonda e la sensazione è che la posizione di Pradè sia fortemente indebolita, anche all’interno della stessa dirigenza.
L’addio di Raffaele Palladino ha colto tutti di sorpresa, per tempi e modalità. Nessuna conferenza stampa, nessuna dichiarazione pubblica: solo una telefonata al direttore generale Alessandro Ferrari, in cui l’ex tecnico ha comunicato la sua volontà di lasciare. Il gesto, così silenzioso quanto eloquente, nasconde però settimane di tensioni e malcontento.
La stagione era già stata segnata da una serie di risultati altalenanti, con numerosi punti persi contro squadre di bassa classifica, che avevano messo a rischio l’accesso all’Europa. Ma il colpo di grazia è arrivato con l’eliminazione in semifinale di Conference League contro il Betis, maturata nei supplementari, che ha lasciato l’amaro in bocca a tifosi e società.
A questo si è aggiunto lo scontro aperto con la Curva Fiesole: prima uno striscione offensivo nei confronti dell’allenatore e del ds prima dell’ultima partita casalinga, poi il violento botta e risposta tra i tifosi e il presidente Rocco Commisso.
La Fiorentina si trova ora in una fase di grande instabilità, nella quale il risultato sportivo raggiunto rischia di passare in secondo piano rispetto ai conflitti interni e alle polemiche con la tifoseria. La spaccatura tra la Curva Fiesole e la società è insanabile, e il silenzio della dirigenza, seppur volto a stemperare i toni, non sembra sufficiente a raffreddare gli animi.
Le dimissioni di Palladino rappresentano solo la punta dell’iceberg di una crisi più profonda, che coinvolge la governance del club, i rapporti con la piazza e la credibilità del progetto tecnico. In questo contesto, tornano a circolare voci su una possibile cessione del club da parte di Rocco Commisso, ipotesi però smentita con decisione da ambienti societari. Resta il fatto che il clima a Firenze è incandescente. La prossima stagione dovrà iniziare con una guida tecnica tutta da definire, un direttore sportivo che potrebbe abbandonare la nave e un presidente in guerra con la tifoseria storica.