Il delitto di Garlasco, avvenuto il 13 agosto 2007 nella tranquilla cittadina in provincia di Pavia, ha segnato profondamente la cronaca nera italiana. Chiara Poggi, giovane di 26 anni, fu trovata senza vita nella sua abitazione di via Giovanni Pascoli.
Per quell’omicidio, dopo anni di indagini e processi, è stato condannato in via definitiva il fidanzato Alberto Stasi. Ma tra le figure chiave che hanno accompagnato la ricerca della verità vi è anche Paolo Reale, cugino di Chiara Poggi, il cui ruolo nell’inchiesta è stato tutt’altro che marginale.
Paolo Reale è ingegnere informatico e cugino di primo grado di Chiara Poggi. La sua figura è emersa pubblicamente non solo per il legame familiare con la vittima, ma anche per il contributo fornito alle indagini e al processo come consulente tecnico di parte civile per la famiglia Poggi.
Reale, infatti, è stato coinvolto direttamente dall’avvocato Gianluigi Tizzoni, legale della famiglia, che ha riconosciuto in lui competenze utili e una profonda motivazione personale nel ricercare la verità sulla morte della cugina.
Il coinvolgimento di Paolo Reale nell’inchiesta sul delitto di Garlasco è stato duplice: emotivo e professionale. Da un lato, ha vissuto il dramma della perdita familiare; dall’altro, ha messo a disposizione le sue competenze tecniche per supportare la parte civile nel difficile percorso processuale.
Reale ha assunto il ruolo di perito informatico della famiglia Poggi, occupandosi in particolare dell’analisi dei dati informatici, come quelli contenuti nel computer di Chiara e nelle apparecchiature elettroniche sequestrate durante le indagini. Il suo lavoro ha contribuito a chiarire alcuni aspetti cruciali del caso, tra cui la ricostruzione degli orari e delle attività svolte dalla vittima nelle ore precedenti il delitto.
Uno degli elementi più significativi emersi grazie anche al lavoro di Reale riguarda la questione della bicicletta utilizzata dall’assassino e i pedali su cui furono trovate tracce di DNA di Chiara. Questi dettagli tecnici sono stati fondamentali per orientare le indagini e per sostenere l’accusa durante il processo contro Alberto Stasi.
In numerose interviste, Paolo Reale ha raccontato lo shock e il dolore provati dalla famiglia Poggi nell’apprendere della morte di Chiara. Il giorno del delitto, Reale si trovava in vacanza con i genitori quando ricevette la notizia dagli zii. Il trauma fu aggravato dalla scoperta, tramite i media, che Chiara non era morta per cause naturali, ma era stata uccisa brutalmente.
La sua partecipazione attiva all’inchiesta non è mai stata solo una questione tecnica: Reale ha sempre sottolineato l’importanza di arrivare a una verità processuale, anche a costo di affrontare errori e difficoltà nel corso delle indagini. Ha dichiarato che, secondo lui, alcuni errori commessi inizialmente dagli inquirenti si sono rivelati utili per correggere il tiro e arrivare a una sentenza definitiva, ribaltando le prime assoluzioni di Stasi.
Paolo Reale non ha mai avuto dubbi sulla colpevolezza di Alberto Stasi, sostenendo che fin dall’inizio c’erano elementi che non tornavano nella versione fornita dall’imputato. Ha più volte ribadito la sua fiducia nella sentenza della Cassazione, che ha condannato Stasi a 16 anni di reclusione, e ha criticato le campagne mediatiche che hanno tentato di riaprire il caso senza nuovi elementi concreti.
Nel tempo, Reale si è anche espresso sulle varie piste investigative, come quella che coinvolgeva Andrea Sempio, spiegando che le analisi genetiche non avevano fornito riscontri scientificamente validi per sostenere una revisione del processo.
Oltre al ruolo tecnico e investigativo, Paolo Reale ha sempre mantenuto vivo il ricordo della cugina, descrivendola come una ragazza dolce, serena e molto amata dalla famiglia. Ha raccontato di conservare una sua foto sulla scrivania, come simbolo di una presenza che, nonostante il tempo trascorso, continua a essere parte della sua vita quotidiana.