02 Jun, 2025 - 09:50

Delitto di Primavalle, chi ha ucciso Anna Bracci? La storia della bambina nel pozzo

Delitto di Primavalle, chi ha ucciso Anna Bracci? La storia della bambina nel pozzo

Il 18 febbraio 1950, nel quartiere popolare di Primavalle a Roma, una bambina di dodici anni, Anna Maria Bracci, detta Annarella, scomparve nel nulla. Due settimane dopo, il suo corpo senza vita fu ritrovato in fondo a un pozzo. Quello che sembrava un fatto di cronaca nera destinato a essere rapidamente risolto, si trasformò invece in uno dei casi più controversi e dolorosi del secondo dopoguerra italiano, lasciando una ferita aperta nella memoria collettiva della città e del Paese.

Il contesto: Primavalle nel dopoguerra

Primavalle, all’epoca, era una delle tante borgate romane nate dall’emergenza abitativa del dopoguerra. Case popolari, scantinati, strade fangose e servizi inesistenti facevano da sfondo a una quotidianità segnata dalla povertà e dal disagio sociale. Annarella viveva in via Lorenzo Litta, lotto 25, scala L, con la madre Marta Fiocchi, separata dal marito, e diversi fratelli. La famiglia, come molte altre, cercava di sopravvivere tra mille difficoltà: il padre Riziero viveva lontano, il fratello Mariano era gravemente malato, e il cibo scarseggiava.

La scomparsa di Anna Bracci

La sera del 18 febbraio 1950, verso le 19:30, Marta mandò Annarella a comprare del carbone e a chiedere un po’ di pasta e olio a una vicina. Quella fu l’ultima volta che la vide. Quando la bambina non fece ritorno, la madre lanciò l’allarme, ma le forze dell’ordine, abituate a fughe temporanee di minori in cerca di lavoro o rifugio presso amici, non diedero subito peso alla scomparsa. Solo dopo le pressioni della borgata e l’eco sui giornali, le ricerche si intensificarono.

Il ritrovamento del corpo

Nella notte tra il 3 e il 4 marzo, un anziano del quartiere, guidato da alcune voci, scoprì il corpo di Annarella in fondo a un pozzo di irrigazione in località La Nebbia, tra via della Pineta Sacchetti e via Torrevecchia. Il pozzo era profondo venti metri e pieno d’acqua. L’autopsia rivelò che la bambina era stata colpita ripetutamente alla testa e alle mani (probabilmente mentre tentava di difendersi), poi gettata viva nel pozzo, dove morì annegata. Il corpo, ormai in avanzato stato di decomposizione, non permise di accertare con certezza se avesse subito violenza sessuale, ma fu chiaro che si era trattato di un tentativo di stupro finito in tragedia.

Le indagini e il caso Egidi

Le indagini si concentrarono inizialmente sulla famiglia Bracci, soprattutto sulla madre, coinvolta in una denuncia per adulterio e aborto. Presto, però, l’attenzione si spostò su Lionello Egidi, detto “il biondino di Primavalle”, bracciante e amico di famiglia, già noto per precedenti di molestie su minori. Alcuni testimoni dissero di aver visto Annarella con lui la sera della scomparsa. Egidi fu arrestato e, dopo un lungo interrogatorio, confessò l’omicidio, salvo poi ritrattare sostenendo di aver subito pressioni e violenze in questura.

Il caso sembrava risolto, ma la vicenda giudiziaria si trasformò in un labirinto di colpi di scena. Egidi fu prima prosciolto in primo grado, poi condannato a 26 anni in appello, infine definitivamente assolto dalla Cassazione nel 1955. Nel frattempo, fu arrestato per altri reati simili, ma per l’omicidio di Annarella la giustizia non trovò mai un colpevole certo.

L’impatto sull’opinione pubblica

La morte di Annarella sconvolse Primavalle e l’intera città di Roma. Migliaia di persone si recarono al pozzo per rendere omaggio alla bambina, simbolo dell’innocenza violata e della miseria delle borgate. Il caso divenne un simbolo della fragilità sociale del dopoguerra, della mancanza di tutela per i più deboli e della diffidenza verso le istituzioni, accusate di lentezza e superficialità nelle indagini.

Memoria e riflessioni

Oggi, il caso di Anna Bracci resta irrisolto e rappresenta ancora un monito sulla necessità di giustizia e attenzione per le periferie urbane. A lei è stato intitolato un parco a Primavalle, ma la sua storia sopravvive soprattutto nel ricordo di una città che, per qualche settimana, vide emergere dal fango delle sue borgate tutte le sue contraddizioni più profonde.

Il delitto di Annarella Bracci non è solo una pagina di cronaca nera, ma un racconto amaro di povertà, solitudine e ingiustizia che ancora oggi interroga la coscienza collettiva italiana.

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