03 Jun, 2025 - 16:49

Equitazione e psicologia: il legame emotivo tra cavallo e cavaliere

In collaborazione con
Clarissa Zarini
Equitazione e psicologia: il legame emotivo tra cavallo  e cavaliere

Nel salto ostacoli, così come in tutte le discipline dell’equitazione, non basta la tecnica. La vera alchimia nasce nell’invisibile connessione tra cavallo e cavaliere, un legame fatto di empatia, fiducia reciproca e ascolto profondo. Un rapporto che non è solo funzionale alla performance sportiva, ma che ha ricadute psicologiche profonde, sia per l’essere umano che per l’animale in sé.

Il cavallo come specchio emotivo del cavaliere


Il cavallo, animale preda e ipersensibile, è in grado di percepire il nostro stato emotivo ben prima che ce ne rendiamo conto. Qualsiasi tipo di emozione, che essa sia tensione, ansia, paura, felicità o sicurezza si trasmettono inconsciamente attraverso il corpo, la voce e l’energia. I cavalli capiscono e percepiscono le nostre emozioni prima ancora di noi stessi. Non a caso, molti istruttori parlano di “specchio emozionale”: il comportamento del cavallo riflette quello del cavaliere. Gli stati d’animo dei cavalli dipendono dai nostri, un cavaliere arrabbiato monterà un cavallo arrabbiato e nervoso. Un cavaliere felice, monterà un cavallo più sereno. Inoltre, nel salto ostacoli, la fiducia è un prerequisito tecnico. Il cavallo deve essere sicuro che il cavaliere sappia portarlo verso un ostacolo e oltre. Allo stesso tempo, il cavaliere deve avere fiducia nella capacità e nella volontà del cavallo di saltare. È come se fosse un cerchio in cui il cavaliere da fiducia al cavallo attraverso la fiducia che il cavallo stesso da al cavaliere. Questa fiducia si costruisce nel tempo, con la coerenza dei gesti, il rispetto dei ritmi dell’animale e
la gestione dell’errore. Ovviamente, si tratta anche di feeling. Così come si dice che sono i cani a scegliere i padroni, spesso sono i cavalli stessi a sceglierci, in base a come ci sentono a livello emotivo e, di conseguenza, si comportano con noi. Se piacciamo al cavallo, il cavallo (quasi sicuramente) piacerà a noi.

L’equitazione come percorso di crescita interiore


Molti appassionati, soprattutto giovani, raccontano come l’equitazione li abbia aiutati a gestire l’ansia, migliorare l’autostima e sviluppare la pazienza. Questo perché il rapporto con un cavallo non può essere forzato: richiede ascolto, calma e consapevolezza del proprio corpo e delle proprie emozioni. In diversi casi, si parla di equitazione terapeutica anche in contesti clinici, ma il salto ostacoli in sé può già essere uno strumento di crescita personale, se affrontato con un approccio psicologico equilibrato e corretto.


Il ruolo dell’istruttore: allenatore e facilitatore emotivoUn buon istruttore di salto ostacoli non è solo un tecnico: è anche un educatore emotivo in grado di leggere le dinamiche tra cavallo e cavaliere, di intervenire nei momenti di blocco emotivo (paura, frustrazione, eccessiva euforia, ansia) e di creare un ambiente dove si possa sbagliare
senza giudizio. Proprio per questo, in Italia, alcuni centri ippici stanno integrando professionisti della psicologia sportiva nei percorsi di preparazione agonistica. Un trend in crescita che valorizza l’aspetto umano dell’equitazione.

Quando il cavallo diventa maestro di vita

Non è raro che i cavalieri parlino dei propri cavalli come di “maestri silenziosi” o di “migliori amici”. Il cavallo ci costringe a guardarci dentro. È impossibile barare, mentire o fingere con lui: sente tutto. Un cavaliere non allena solo il proprio cavallo. Allena sé stesso.Il salto ostacoli non è solo uno sport. È una scuola di vita emotiva. Il legame tra cavallo e cavaliere può trasformare non solo le performance in gara, ma anche il modo in cui affrontiamo la quotidianità, le relazioni e le sfide personali. In un’epoca dove tutto è rapido e digitale, l’equitazione ci ricorda che le connessioni vere, come quella con un cavallo, richiedono tempo, ascolto e cuore. Come disse R. Smith Surtees: “non esiste una così intima segretezza come tra cavaliere e cavallo.”

A cura di Clarissa Zarini

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