05 Jun, 2025 - 17:45

"Curfew": e se agli uomini di tutto il mondo venisse imposto un coprifuoco?

"Curfew": e se agli uomini di tutto il mondo venisse imposto un coprifuoco?

 
"Curfew", riflessioni e critica

Verso la fine del 2002, all’età di 12 anni, il mio gracile corpo di bambina sottopeso ha iniziato troppo presto a riempirsi sul seno e sui fianchi, creando delle forme dalle curve sinuose. Da quel momento, ancora ingenua e con una spiccata diffidenza nei confronti degli uomini, a causa della mancanza di una figura paterna, il mio aspetto esteriore è come se mi avesse lanciata a forza nel mondo degli adulti. Ed è proprio così che, con quel metaforico tuffo, sono sprofondata in un mare di dolore. Credetemi, ancora adesso, a trentacinque anni, già solo a scriverlo mi tremano le mani e mi si inumidiscono gli occhi, pervasa da una sensazione mista fatta di disperazione e rabbia. Uomini di tutte le età presero a molestarmi in strada, anche solo verbalmente; cinquantenni sposati che mi fissavano e seguivano fra i reparti dei supermercati, anziani che sugli autobus mi rivolgevano gestacci per mimare pratiche sessuali che neanche conoscevo o che addirittura tentavano di strusciarmisi addosso, mettendomisi di fianco, trentenni e quarantenni che mi gridavano frasi irripetibili quando camminavo da sola in strada. Dio solo sa quante mani maschili hanno cercato di acciuffarmi o di toccarmi senza il mio consenso. Rapidamente arrivarono gli episodi più gravi di violenza, a tredici anni, poi a quattordici, a quindici, a sedici…e così via. Era maggio del 2006 quando un signore, sotto casa mia, mi passò di fianco con la moto. Si fermò, scese dal veicolo, mi venne incontro, mi mise una mano sulla bocca e mi strinse a sé cercando di trascinarmi via, ripetendomi all’orecchio: “tu ora viene con me, tu ora vieni con me”. Non so neanche come, riuscì a dargli una ginocchiata all’altezza dei genitali e scappai via. Potrei raccontare altre migliaia di esempi simili, perché la mia esistenza, da un certo momento, è diventata quasi una molestia continua. All’età dello sviluppo ho avuto un principio di anoressia, perché la mia mente si rifiutava di accettare un cambiamento fisico così prominente. Subito dopo ho cominciato ad avere degli episodi di grandi abbuffate, mangiando il più possibile, piangendo, nella speranza di ingrassare a tal punto da non essere mai più guardata in quel modo che mi disgustava, digiunando poi per giorni di seguito perché terrorizzata dal timore di diventare troppo brutta per essere apprezzata da qualcuno. Ho rifiutato ogni cosa che fosse anche solo lontanamente sessuale sino quasi alla fine dell’adolescenza, continuando però anche alla soglia dei trent’anni a vivere un fortissimo conflitto con me stessa durante gli sporadici atti di intimità. 

Potremmo fingere che tutto ciò non abbia nulla a che spartire con la cultura patriarcale e con la mentalità raccapricciante con la quale vengono cresciuti questi benedetti uomini, ma ogni donna in cuor suo, almeno una volta, ha sperato che loro non esistessero per assaporare cos’è davvero la libertà di esistere. E mentre le statistiche mondiali ci parlano di una preoccupante crescita di stupri e femminicidi, sui social milioni di ragazzi incattiviti insultano le ragazze sostenendo che la colpa in realtà sia da attribuire al genere femminile. Provate a immaginare adesso che venga istituto un coprifuoco dalle 21:00 alle 7:00 per ogni persona di sesso maschile; pensate che la cosa potrebbe aiutarci davvero ad arginare la continua crescita di aggressioni ai danni delle donne? È questo il contesto nel quale si sviluppa la distopica miniserie britannica, composta da soli sei episodi, “Curfew”, distribuita in Italia quest'anno sulla piattaforma di streaming Paramount+, tratta dal romanzo del 2022 “After Dark” della scrittrice Jayne Cowie. In una piccola località del Regno Unito, da qualche tempo, vige un coprifuoco serale e notturno per soli uomini, che ha ridotto drasticamente i casi di femminicidio e violenza sessuale. Ma, ciò nonostante, una notte verrà rivenuto dalla polizia locale il corpo di una donna brutalmente assassinata.

Se all’apparenza può sembrare una serie crime come tante altre, benché godibile e dal ritmo sostenuto in ogni puntata, quel che se ne ricava davvero da “Curfew” sono delle riflessioni e dei conflitti interni che ti sorprendono, all’improvviso, anche a distanza di giorni dopo averla vista. Ammettiamolo, spesso il primo sentimento d’istinto di molte di noi, dinnanzi a questo genere di ipotesi o scenari, è una soddisfazione vendicativa, ma non è una sconfitta rassegnarsi ad accettare che gli uomini sono fatti così per natura e che l’unico modo per fermarli sia rinchiuderli? Sin da ragazzina ho sempre detestato i discorsi che miravano a descrivere gli uomini come bestie incapaci di frenarsi, e non soltanto perché alla fine della fiera la colpa ricade sulle donne che, seguendo la medesima scia di pensiero, devono educare meglio i figli, devono vestirsi in maniera meno provocante, non devono uscire da sole altrimenti se la vanno a cercare, ma soprattutto perché mi rifiuto di accettare la teoria secondo la quale le capacità di raziocinio e di giusta condotta morale si basino sul sesso di un individuo. Non lo accetto ed è un’idea molto pericolosa, perché quasi assolve gli uomini dalle proprie responsabilità, ritenuti inabili al controllo degli impulsi, come fossero animali, e addirittura incoraggia a perpetrare abusi e molestie perché “tanto, poveretti, non è colpa loro, sono fatti così”. Del resto, ci si domanda sempre perché le donne vengono stuprate e non perché gli uomini stuprano. Malgrado la mia sofferta storia personale, a me gli uomini piacciono moltissimo e non voglio rassegnarmi alla descrizione denigratoria che ne viene fatta. Per quanto io sia stanca dei comportamenti di tanti di loro, continuerò a cercare ovunque le eccezioni che mi confermino che le azioni sono dettate dal livello intelligenza individuale e dal contesto culturale nel quale si cresce. Sin da bambina mi ripeto che non c’è differenza fra uomo e donna, ma solo fra stupido e intelligente.

Tornando a “Curfew”, molti ne hanno parlato male dicendo che non funzioni; a me invece è piaciuta, l’ho trovata divertente e non presenta, in nessun episodio, dei momenti morti o lenti. Non è comunque un capolavoro che passerà alla storia, ma secondo me il vero obiettivo della serie è di provocare un dibattito per parlare di un problema che non siamo più disposte a tollerare, per trovare una soluzione tutti insieme come comunità. Questo cancro non può essere curato dall’esterno, ma va aggredito dall’interno per debellarlo una volta per tutte. Tre virgola cinque stelle su cinque.

 

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