Di sicuro avrà riservato loro qualche pagina del suo "Ipocriti!": Giuseppe Cruciani i prodiani non li sopporta.
In un'intervista rilasciata questa mattina al Corriere della Sera ha spiegato, con la sua solita verve, che gli hanno fatto "due maroni così".
Per un episodio in particolare: quello che vide Romano Prodi tirare i capelli a una giornalista in quanto indispettito da una sua domanda sul Manifesto di Ventotene. Ricordate?
Cruciani sì. Per questo, secondo lui, i più ipocriti di tutti sono i prodiani.
Ma, se ne deduce, quelli che, senza se e senza ma, devono correre a difendere il capo. La categoria dei più realisti del re. I difensori d'ufficio. Quelli che stanno sempre dalla stessa parte, intesa non come un'idea, ma una persona. Quelli che in politica si chiamano "fedelissimi": gli "uomini di", i pasdaran. Quelli che costituiscono i cerchi magici dei leader. Quelli che la politica si risolve in questo: girare attorno al loro Re Sole. Dirgli continuamente quanto è bravo e quanto è bello. Quelli che fanno diventare un aggettivo il cognome del capo. Esempio: i "prodiani", da Prodi.
Il tutto in attesa di una poltrona, una prebenda, un posto in qualche cda, un incarico, una cortesia, una raccomandazione.
Nel 2015, Marco Travaglio, un altro che come Cruciani non va per il sottile, ha dedicato a questa categoria di persone che affolla il teatrino della politica un libro di oltre cinquecento pagine: "Slurp" si intitolava, storie di lecchini e cortigiani con il "virus del leccaculismo".
E allora: con "Ipocriti!" fresco di stampa e al debutto in libreria, la domanda che Elvira Serra ha fatto a Cruciani per scatenarlo contro i prodiani è stata questa: chi è per lei il più ipocrita di tutti? Risposta:
Ecco: per Cruciani è un fatto di credibilità. E chi prende a prescindere una posizione è fortemente in pericolo di perderla.
E insomma: era lo scorso marzo, erano i giorni caldi della polemica di Ventotene. Quando Giorgia Meloni disse che non era certo quella del Manifesto l'Europa che sognava. Che Altiero Spinelli e soci non volevano la democrazia. Ebbene: anche Bertinotti, con la sua erre moscia, sbottò:
Col senno del poi, forse l'ex leader di Rifondazione Comunista aveva già in mente di disfarsi dei suoi Warhol. Ma tant'è: i puri e duri alla Boldrini organizzarono anche un pellegrinaggio sull'isola per rendere omaggio ai padri dell'europeismo vilipesi.
In ogni caso, per farla breve: Meloni toccò un nervo scoperto della sinistra. E quando la questione fu posta a Prodi, anche il Professore sbottò. Anzi: tirò proprio i capelli alla giornalista. Senza mai scusarsene. Anzi: ricevendo lui la solidarietà da parte dei suoi una volta che saltò fuori il video che in maniera chiara e lampante testimoniava il gesto. Fino a quel momento, i prodiani sostennero che non c'era mai stato. Dopo dissero che Prodi reagì a una provocazione e andava capito e giustificato.
E quindi: ipocrisia a fiumi, in quei giorni. Chissà se Giuseppe Cruciani proprio in quelle ore decise di scriverne un libro. Tanto, nell'intervista al CorSera, ha subito tenuto a dire che il suo obiettivo non è "farsi amici". Anche se non si vede affatto come un "megafono del governo di centrodestra":
ha dichiarato quasi citando l'autore di un altro libro, Antonio Padellaro. Ma giusto per svelare quanta ipocrisia ci sia in giro. Sempre e comunque.