07 Jul, 2025 - 10:46

Chi era il nonno di Adriano Panatta, di chi era amico e perché lo condizionò in politica

Chi era il nonno di Adriano Panatta, di chi era amico e perché lo condizionò in politica

Alla fine, siamo tutti figli di una storia. E Adriano Panatta, il Sinner degli anni Settanta (magari giusto un po' più glamour), dal punto di vista politico, ha ereditato quella del padre e del nonno. Quest'ultimo, Luigi, era un socialista convinto, amico di Pietro Nenni. Per questo anche il figlio Ascenzio e il nipote Adriano hanno sposato il suo stesso credo politico.

Oggi, l'ex numero 4 al mondo l'ha confidato in una lunga intervista concessa al Corriere della Sera in cui è stato ricordato anche uno degli episodi più clamorosi in cui si sono mischiati sport e politica: quello delle magliette rosse indossate dagli italiani Panatta e Bertolucci nella finale di Davis svoltasi in Cile all'indomani del colpo di Stato di Pinochet ai danni del socialista Allende.

Il nonno di Adriano Panatta che gli fece venire la passione per la politica

Se Adriano Panatta è uno dei pochi sportivi italiani che da sempre ha reso pubblica la sua fede politica, lo si deve a Luigi, il suo nonno materno. Nell'intervista concessa ad Aldo Cazzullo, l'ha sottolineato in modo particolare quando il giornalista gli ha ricordato una sua frase:

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Sono di sinistra per nascita e per cultura

Per Cazzullo, un evento rarissimo. Al che Panatta ha risposto così:

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Lo so. Ma mio nonno materno, Luigi, era un vecchio socialista, amico di Nenni. Anche mio papà era socialista. In casa si respirava quest'aria

Per chi vota oggi Adriano Panatta (nonostante l'amico ministro)

Fatto sta che, nel corso dell'intervista, Panatta ha spiegato a Cazzullo che, dal punto di vista politico, oggi è più che altro un deluso: è uno di quegli italiani che non va nemmeno più a votare.

Alla domanda adesso chi vota? ha risposto così:

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Non voto da tempo. Solo alle elezioni locali, dove scelgo la persona

Elly Schlein non la convince?

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Non mi convince nessuno. Sono amico di Carlo Nordio, che non è certo uomo di sinistra, ma mi racconta di Churchill e della Seconda guerra mondiale. Non parliamo di politica

Il giudizio di Panatta su Giorgia Meloni

Adriano Panatta, in ogni caso, non si è sottratto alla domanda di Cazzullo su Giorgia Meloni. Ormai, la premier è al centro del villaggio politico italiano. Gli altri non hanno che da schierarsi: con lei o contro di lei. Così, è giusto chiedere anche a uno dei tennisti più forti di tutti i tempi che posizione ha preso.

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Meloni fa la Meloni, fa il suo in un mondo che mi fa impressione

E a tal proposito, Panatta ha toccato i maggiori temi d'attualità:

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Mi fa impressione tutto: la guerra in Ucraina, il massacro di Gaza, Trump presidente degli Stati Uniti

Insomma. Panatta, che tra due giorni compirà 75 anni, ha confidato che la mattina, quando legge i giornali, si angoscia.

La politica nella carriera sportiva di Panatta

Meglio, allora, ricordare quelli che si possono definire gli episodi politici della carriera di Panatta che soffermarsi su un presente così difficile.

Il primo spunto, gliel'ha dato il ricordo di Mario Belardinelli: il suo grande maestro, diversamente da lui, era di destra:

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Belarda era proprio un vecchio fascista. Aveva insegnato a giocare a tennis anche al Duce e ne era fierissimo. Raccontava che Mussolini si impegnava, ma non aveva il rovescio. Così, ogni volta cercava di insegnarglielo: Duce, oggi miglioriamo il rovescio. Ma quello si rifiutava: Camerata Belardinelli, noi tireremo sempre diritto!

Raccontata da Adriano Panatta, deve essere stata una delizia: da buon romano, ha anche un certo gusto per l'ironia. Come, del resto, dimostrò anche a Propaganda Live quando raccontò, tra l'altro, il secondo episodio politico della sua carriera, quello passato alla storia quando l'Italia giocò la finale di Davis in Cile con la maglia rossa, subito dopo il colpo di Stato di Pinochet contro il socialista Allende.

Oggi, sul CorSera l'ha riassunta così:

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La finale andava giocata e vinta, ma un segnale politico al dittatore Pinochet e al mondo andava dato. Così, convinsi Paolo Bertolucci a scendere in campo nel doppio con la maglietta rossa. Lui era contrarissimo: Questi ci sbattono in galera!. Ma no, Paolo, non possono farci niente. E poi Adriano lo sai che io voto liberale!. Alla fine si convinse. Gliene sono grato ancora adesso

La scelta del rosso non era legata al Partito Comunista, ma al colore dei fazzoletti delle mamme dei desaparecidos vittime del regime, di coloro che non hanno potuto dire di essere figli di una storia.

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