Alla fine, siamo tutti figli di una storia. E Adriano Panatta, il Sinner degli anni Settanta (magari giusto un po' più glamour), dal punto di vista politico, ha ereditato quella del padre e del nonno. Quest'ultimo, Luigi, era un socialista convinto, amico di Pietro Nenni. Per questo anche il figlio Ascenzio e il nipote Adriano hanno sposato il suo stesso credo politico.
Oggi, l'ex numero 4 al mondo l'ha confidato in una lunga intervista concessa al Corriere della Sera in cui è stato ricordato anche uno degli episodi più clamorosi in cui si sono mischiati sport e politica: quello delle magliette rosse indossate dagli italiani Panatta e Bertolucci nella finale di Davis svoltasi in Cile all'indomani del colpo di Stato di Pinochet ai danni del socialista Allende.
Se Adriano Panatta è uno dei pochi sportivi italiani che da sempre ha reso pubblica la sua fede politica, lo si deve a Luigi, il suo nonno materno. Nell'intervista concessa ad Aldo Cazzullo, l'ha sottolineato in modo particolare quando il giornalista gli ha ricordato una sua frase:
Per Cazzullo, un evento rarissimo. Al che Panatta ha risposto così:
Fatto sta che, nel corso dell'intervista, Panatta ha spiegato a Cazzullo che, dal punto di vista politico, oggi è più che altro un deluso: è uno di quegli italiani che non va nemmeno più a votare.
Alla domanda adesso chi vota? ha risposto così:
Elly Schlein non la convince?
Adriano Panatta, in ogni caso, non si è sottratto alla domanda di Cazzullo su Giorgia Meloni. Ormai, la premier è al centro del villaggio politico italiano. Gli altri non hanno che da schierarsi: con lei o contro di lei. Così, è giusto chiedere anche a uno dei tennisti più forti di tutti i tempi che posizione ha preso.
E a tal proposito, Panatta ha toccato i maggiori temi d'attualità:
Insomma. Panatta, che tra due giorni compirà 75 anni, ha confidato che la mattina, quando legge i giornali, si angoscia.
Meglio, allora, ricordare quelli che si possono definire gli episodi politici della carriera di Panatta che soffermarsi su un presente così difficile.
Il primo spunto, gliel'ha dato il ricordo di Mario Belardinelli: il suo grande maestro, diversamente da lui, era di destra:
Raccontata da Adriano Panatta, deve essere stata una delizia: da buon romano, ha anche un certo gusto per l'ironia. Come, del resto, dimostrò anche a Propaganda Live quando raccontò, tra l'altro, il secondo episodio politico della sua carriera, quello passato alla storia quando l'Italia giocò la finale di Davis in Cile con la maglia rossa, subito dopo il colpo di Stato di Pinochet contro il socialista Allende.
Oggi, sul CorSera l'ha riassunta così:
La scelta del rosso non era legata al Partito Comunista, ma al colore dei fazzoletti delle mamme dei desaparecidos vittime del regime, di coloro che non hanno potuto dire di essere figli di una storia.