Dal 1° agosto, in mancanza di un nuovo accordo, il governo americano imporra all’Unione Europea dazi aggiuntivi del 30% su tutti i prodotti oggi ‘tassati’ al 10%. È questa, al momento, l’unica certezza nel braccio di ferro per le tariffe commerciali tra la Casa Bianca e Palazzo Berlaymont.
Le nuove tariffe dovrebbero diventare operative a partire da agosto, al netto di ulteriori rinvii da parte del governo americano. Non sarebbe il primo, e potrebbe non essere l’ultimo.
La lettera sui dazi di Trump ha ridefinito le basi della contrattazione tra le due potenze commerciali, aumentando ulteriormente se possibile le incertezze di mercati e aziende. Una mezza doccia fredda (la Commissione UE era stata avvertita in anticipo) sufficiente a spegnere l’ottimismo e gettare i governi degli Stati nazionali nel panico.
Una guerra commerciale, infatti, lascerebbe sul campo morti e feriti e le minacce contenute nella lettera inviata sabato 12 luglio non fanno sperare in nulla di buono.
I dazi sono delle imposte sulle merci estere da pagare in aggiunta la normale costo dei prodotti. I dazi vengono pagati dalle aziende che comprano merci prodotte in un paese straniero, facendo lievitare anche il costo allo scaffale per il consumatore finale. L’ammontare dell’imposta viene calcolata in percentuale sul valore del prodotto acquistato. Di solito i dazi vengono utilizzati dai governi per tutelare le produzioni nazionali.
I dazi di Trump funzionano esattamente nello stesso modo. Nel caso delle merci di produzione europea, il presidente Usa ha comunicato che dal 1° agosto 2025 sarà imposto un dazio del 30% (oggi era al 10%) su tutti i prodotti importati. Il dazio del 30%, tuttavia, sarà applicato solo sui prodotti che non sono già sottoposti ai dazi settoriali, vale a dire che non si sommano a quelli già in vigore, come ad esempio l’acciaio, che è già gravato da un’imposta aggiuntiva del 50%.
La lettera inviata all’UE da Donald Trump contiene anche tre chiare minacce da non sottovalutare. Il presidente USA dice che non applicherà “alcun dazio se l’Unione europea, o le aziende all’interno dell’Ue, decidono di costruire o produrre all’interno degli Stati Uniti”, esortando in pratica le aziende a chiudere gli stabilimenti in Europa per aprirli negli Usa dove il governo “si impegna a fare di tutto” per garantire permessi e autorizzazioni “nel giro di poche settimane”.
Trump ha chiarito che i dazi del 30% “potranno essere modificati, al rialzo o al ribasso” in base ai rapporti tra gli USA e il paese in questione. Una minaccia a cui se ne aggiunge una terza per scongiurare eventuali contromisure dell’UE.
“Se per qualsiasi motivo decideste di aumentare i vostri dazi in risposta, allora, qualunque sia il numero da voi scelto per l’aumento, verrà aggiunto al 30% che addebitiamo”.
Se come sostiene l’UE, i dazi penalizzerebbero anche l’economia degli Stati Uniti, allora perché Donald Trump ha deciso di imporli?
I motivi sono diversi: da una parte il governo degli Stati Uniti punta a fare cassa con l’imposizione dei dazi, rilanciando gli investimenti e creando posti di lavoro. L’aumento del costo dei beni di importazione, dovrebbe spingere i consumatori americani ad acquistare prodotti locali favorendo l’industria statunitense.
I dazi, tuttavia, sono utilizzati anche come leva politica dal tycoon americano, che spesso li ha utilizzati per fare pressione sugli stati stranieri e ottenere concessioni anche in altri ambiti. Lo dimostrano le minacce contenute nella lettera inviata all’UE.
Dopo l’approvazione dei governi UE dell’aumento al 5% delle spese di difesa, in molti accusarono i governi europei di aver accettato la richiesta degli Usa per ottenere in cambio un trattamento più favorevole sui dazi. Cosa che alla luce dei fatti delle ultime ore non è accaduta.
L’Unione Europea ha tre settimane per raggiungere un accordo più equo e contrattare tariffe inferiori. La linea della Commissione UE, e dell’Italia, è quella della prudenza al fine di scongiurare una guerra commerciale che rappresenterebbe un grave danno per entrambe le economie. Da Bruxelles, però, fanno sapere di avere già pronto un secondo pacchetto di contromisure del valore di 70 miliardi di euro da aggiungersi a quelle già varate e attualmente sospese di 21 miliardi. Al momento l’Europa non è intenzionata a reagire, ma se i negoziati in corso dovessero fallire, è pronta ad utilizzare i pacchetti di sanzioni.
La posizione dell’Italia continua a essere cauta, poiché il nostro Paese è tra quelli che subirebbe maggiormente le conseguenze dell’aumento dei dazi e di un’eventuale guerra essendo gli Stati Uniti il terzo partner commerciale. Ecco perché le minacce di Trump e l’aumento dei dazi al 30% ci riguardano direttamente.
Ha dichiarato in una nota nelle scorse ore la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Anche oggi, il Governo è in stretto contatto con la Commissione europea e con tutti gli attori impegnati nella trattativa sui dazi. Una guerra commerciale interna all’Occidente ci renderebbe tutti più deboli di fronte alle sfide globali che insieme affrontiamo. L’Europa ha la…
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) July 13, 2025
A oggi il governo italiano continua a sposare la linea dell’unità europea, ma qualcuno in maggioranza comincia a spingere per una trattativa bilaterale con gli Usa. Un’eventualità che determinerebbe una prima crepa nel muro europeo.
Preoccupazione che coinvolge tutta la politica, con l’opposizione che continua ad attaccare la presidente del Consiglio per l’eccessiva ‘deferenza’ nei confronti delle politiche adottate dalla Casa Bianca.