Sono passati 33 anni dalla strage di via D'Amelio in cui perse la vita il magistrato antimafia Paolo Borsellino. Puntuale come sempre, si è rimessa in moto la macchina dei ricordi, delle celebrazioni e delle promesse che si rinnovano di continuare la lotta alla criminalità organizzata.
Ma c'è chi dice no. Anzi, c'è chi dice basta. Ad esempio, uno dei giornalisti che sul campo anche del contrasto alle mafie si è conquistato più credito. Si tratta di Damiano Aliprandi, una firma del Dubbio.
"Penso che prima o poi - e spero il prima possibile - bisognerà mettere un punto agli anniversari delle stragi in cui persero la vita Falcone e Borsellino", ha scritto su Facebook.
Ma perché questa sua presa di posizione così controcorrente?
L'anniversario della strage di via D'Amelio in cui perse la vita Paolo Borsellino, il giornalista che si schiera contro
Oggi, come ogni 19 luglio dal 1992 in poi, sono riprese le commemorazioni per la strage di via D'Amelio in cui perse la vita Paolo Borsellino. Giorgia Meloni, che ha tratto ispirazione proprio dalla figura del magistrato palermitano per dedicare la sua vita alla politica, è stata una delle prime a ricordarlo con un post sui suoi social:
Oggi, a 33 anni dalla strage di via D’Amelio, ricordiamo Paolo Borsellino, un uomo che ha sacrificato la sua vita per la verità, per la giustizia, per l’Italia. Il suo esempio continua a vivere in chi ogni giorno, spesso lontano dai riflettori, combatte per un’Italia più giusta, libera dalle mafie, dal malaffare, dalla paura. Non c’è libertà senza giustizia, non c’è Stato senza legalità. Ai tanti magistrati, Forze dell’Ordine e servitori dello Stato che hanno scelto il coraggio, anche a costo della vita, dobbiamo gratitudine e rispetto. Hanno tracciato una strada che non può essere dimenticata. Quel testimone è ancora saldo. E lo porteremo avanti ogni giorno, con rispetto, con determinazione, con amore per la nostra Nazione. In ricordo di Paolo Borsellino e di chi non ha mai chinato la testa
Ma tant'è: questa retorica non piace a Damiano Aliprandi.
Perché ad Aliprandi non piace la retorica del 19 luglio
Damiano Aliprandi come ha motivato la sua posizione contro quella che potrebbe essere chiamata "la retorica del 19 luglio"? Nel post che ha scritto su Facebook, l'ha messa così:
Da ormai parecchi anni, l'appuntamento in Via D'Amelio è diventato un triste circo. Un'esibizione politica, fanatica, isterica, con personaggi da fumetto. Un tempo, la sinistra avrebbe definito reazionaria quella manifestazione. Oggi invece si aggrega alla new age dell'antimafia
A questo punto, Aliprandi fa riferimento agli ultimi esiti delle indagini sulla strage di via D'Amelio:
Pensiamo all’ultima tesi: siamo passati da Borsellino ucciso perché poteva essere un ostacolo all’inesistente trattativa Stato-Mafia, a Delle Chiaie, detto “er caccola”. Il famoso amico che avrebbe tradito Borsellino prima era stato individuato nell’allora maresciallo Canale (periodo in cui fu processato e infine assolto), poi nell’ex Ros Subranni, durante il processo Trattativa, e oggi in un politico dell’allora MSI. Non a caso, proprio ora che al governo ci sono gli eredi di quella storia politica. Domani, se dovesse governare il figlio di Berlusconi, si riproporrà la famosa intervista di Borsellino ai francesi, dove in realtà emerge il contrario di ciò che ancora si narra. Poi si cambia, e si rifà un altro giro di giostra
In sintesi: Aliprandi denuncia la strumentalizzazione che ne fa la politica della figura di Paolo Borsellino, oltre che all'incapacità della magistratura, 33 anni dopo, di giungere al termine di un lavoro lineare.
Ecco, prima o poi tutto questo dovrà finire. Credo che il miglior modo per rispettare i morti — e in particolare la grande statura di Falcone e Borsellino — sia l’oblio della memoria
La teca con la borsa di Borsellino alla Camera
Intanto, Paolo Borsellino è diventato davvero una sorta di santo laico della nostra Repubblica.
Lo dimostra anche il fatto che il 30 giugno scorso, alla Camera dei Deputati, si è inaugurata una teca contenente la sua borsa di lavoro ritrovata tra le macerie di via D'Amelio.
Anche in quell'occasione Giorgia Meloni si espresse con toni molto decisi chiedendo la verità su quel terribile giorno di 33 anni fa:
disse la premier. Sperando di tenere lontana la retorica del 19 luglio.
aaaa