Si entra nei segreti e nelle tensioni del film Mine Vaganti, uscito nel 2010, diretto da Ferzan Özpetek e prodotto da Tilde Corsi e Gianni Romoli. Conflitti, verità non dette e momenti di riflessione sono, come sempre, gli ingredienti utilizzati dal regista per toccarci il cuore.
Ma a lasciare il segno è il finale, la rappresentazione di un gesto estremo che cambia tutte le carte in tavola, e il potente messaggio che trasmette sul tema dell'identità, della famiglia e della bellezza dei momenti più preziosi.
Rivediamo il trailer del film:
Mine Vaganti ci porta alla scoperta delle vicende familiari di Tommaso Cantone, un giovane del Salento tornato da Roma dai suoi parenti pugliesi, proprietari di un pastificio, intenzionato a parlare di sé, aprirsi e rivelare una volta per tutte il suo orientamento sessuale e i suoi piani di vita, fino a quel momento tenuti nascosti.
I genitori sono all'antica, tipici tradizionalisti locali: madre soffocante, padre burbero e severo, sorella alla ricerca della propria indipendenza, e un fratello maggiore che soffre per il peso di dover mandare un giorno avanti l'azienda.
Ma è proprio quest'ultimo, Antonio, a sorprendere i familiari facendosi avanti con la stessa confessione, spiazzando il minore e il resto dei protagonisti. Questo scatenerà una reazione a catena tra litigi, momenti di tenerezza, tristezza e segreti tipici delle dinamiche familiari. Amore, libertà, identità sono i grandi temi attraversati da Ferzan Özpetek nel film.
Nel cast principale del film troviamo:
Dopo conflitti familiari, segreti e momenti di tensione nella trama, si arriva alla conclusione con un colpo di scena tragico e suggestivo. La nonna, malata di diabete, decide di togliersi la vita mangiando una quantità esagerata di dolci. Un gesto estremo, sì, ma che sarà il punto di svolta per la risoluzione familiare che sembrava non arrivare mai. Un modo drastico attraverso il quale lascia l'intero pastificio in eredità ad Antonio, suo primogenito.
Tommaso, quindi, dovrà tornare a ricoprire il suo posto in famiglia, dopo aver evitato in tutti i modi di restarci. Quello che è simbolico è il monito che la nonna lancia a tutti prima di morire: rispettarsi nelle diversità ed essere se stessi.
Screenshot dalla scena della nonna interpretata da Ilaria Occhioni dal canale YouTube Elisa Mangione
Il momento di massima riflessione è il finale con il funerale: la scena è quasi onirica. Si incontrano passato e presente, rivediamo un senso di pace e di accettazione tra i protagonisti. La nonna, in primo luogo, può riabbracciare il fratello di suo marito, Nicola, suo amore segreto; poi ci sono il padre Vincenzo e Antonio che ritrovano la riconciliazione. Tommaso, finalmente sereno, sorride mentre osserva Marco, il suo fidanzato, ballare con la sua amica Alba.
Non ci sono tante parole nella scena, è più un gioco di interpretazioni e di sguardi, tra sorrisi, rimorsi, riconciliazioni e sguardi in una famiglia che, nonostante il peso portato per tutto il film, è riuscita a trovare pace.
Rivediamo la scena finale del film:
Özpetek disegna, con il finale di Mine Vaganti, una sorta di manifesto che sfida le convenzioni sociali, accoglie le sofferenze e si manifesta entrando in scena con un gesto estremo, prorompente, un sacrificio.
La nonna che si sacrifica, infatti, è simbolo di liberazione da tutte le imposizioni familiari e sociali che hanno soffocato lei e il resto del nucleo di protagonisti che abbiamo visto per tutto il film.
Morendo, lascia il pastificio ad Antonio, obbligandolo così a riprendere legami che sembravano impossibili da recuperare. Nel testamento, chiede ai cari di essere liberi da se stessi, di accettarsi l'un l'altro. Un appello, anche questo, che fa aprire gli occhi ai protagonisti.
Nella scena del funerale, si mostra sullo schermo una sorta di catarsi collettiva: tutti tornano alla pace senza dire troppo, basta accettarsi profondamente, lasciarsi andare.
Il film ci insegna, poi, che quando arriva la morte, ci accorgiamo che le preoccupazioni di ogni giorno, quelle che ci sembrano essenziali – la reputazione, le apparenze, i valori superficiali – diventano automaticamente irrilevanti, perché ciò che davvero conta è la vita, i ricordi, i momenti di gioia profondamente vissuti.
La riflessione che si fa alla fine del film è amara, ma serve a farci pensare: forse è vero che ci preoccupiamo anche troppo di cose che non dovrebbero avere peso.