Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores è un film che parla di legami familiari, diversità e crescita personale. Il viaggio fisico ed emotivo di Vincent e del padre Willy attraversa paesaggi intensi e conflitti interiori, culminando in un finale emblematico e aperto.
Dopo una lunga fuga che è anche occasione di riconoscersi e scoprirsi, Vincent, un ragazzo autistico, e suo padre biologico Willy giungono in Croazia.
Mentre la madre Elena e il padre adottivo Mario li raggiungono, il viaggio di ricerca e riconciliazione sembra avvicinarsi al termine, ma la tensione narrativa non si scioglie in modo convenzionale.
Durante una festa in una villa, Vincent, sopraffatto dalle emozioni, si tuffa in piscina e rischia di annegare. Viene salvato dalla madre Elena con un gesto d’amore e urgenza, che sigla simbolicamente il legame irrinunciabile tra madre e figlio.
La scena successiva vede Willy salutare Vincent. Il padre biologico, incapace di essere una presenza costante e affidabile, comprende i propri limiti ma anche il valore del tempo condiviso con il figlio. Elena prende la decisione di partire con Vincent, scegliendo il futuro e la speranza rispetto alla paura della perdita e dell’incertezza.
Mario, il padre adottivo, li saluta da lontano con un commovente gesto: indossa un naso da pagliaccio davanti al traghetto che si allontana, omaggiando così le abitudini e i ricordi condivisi con Vincent.
Il finale di Tutto il mio folle amore si distingue per il suo tono aperto e insieme catartico, rifiutando risposte facili al dolore e all’amore. La partenza di Elena e Vincent su una nave non rappresenta una fuga, ma una scelta di rinnovamento:
Non a caso, il film ambienta la propria conclusione sul confine tra terra e mare, tra ciò che si conosce e ciò che si sceglie di scoprire. Il gesto di Mario che indossa il naso da pagliaccio è carico di umanità: si tratta di un saluto, ma anche dell’accettazione che l’amore può avere forme molteplici e che lasciar andare può essere un atto altrettanto potente del trattenere.
Il regista evita di offrire risposte definitive: il viaggio di Vincent e di sua madre resta sospeso, consegnando allo spettatore la responsabilità di immaginare il futuro dei personaggi. Da un lato può significare libertà e crescita, dall’altro la consapevolezza della fragilità dei rapporti umani, sempre in bilico tra vicinanza e necessità di lasciarsi andare.