L'ambasciata russa in Italia sta suscitato di nuove polemiche: con un post su Telegram, ha commentato la vendita dei giornali del gruppo Gedi, in particolare Repubblica e La Stampa, accusandoli di essere "megafoni di una sfrenata propaganda antirussa" e auspicando un cambio di proprietà per un ritorno al "giornalismo professionale".
Questa uscita avviene nel contesto di una trattativa avanzata per la cessione delle testate: Gedi ha confermato negoziati esclusivi con il gruppo greco Antenna dell'armatore Theo Kyriakou per Repubblica, le radio e le attività digitali, mentre La Stampa potrebbe andare ai greci o a NEM, editrice di Enrico Marchi.
La vicenda, in ogni caso, solleva interrogativi su interferenze straniere nell'editoria italiana, con reazioni immediate da politica e redazioni.
È l'ennesimo caso della guerra ibrida della Russia in Italia?
Nel post su Telegram, l'ambasciata russa lamenta "rapporti complicati" con i due quotidiani, rei di aver compiaciuto i proprietari "liberal-globalisti" senza salvarsi dalla crisi editoriale.
Definisce Repubblica e La Stampa testate che hanno rinunciato alle "radici" del libero giornalismo italiano per diventare strumenti di propaganda anti-Mosca, esprimendo l'auspicio che i nuovi proprietari – potenzialmente stranieri – riportino le testate alla tradizione professionale, migliorandone la qualità.
Questa posizione, naturalmente, è stata vista come un'ingerenza diretta in una questione di mercato interno, soggetta a controlli governativi italiani.
Il Comitato di redazione (Cdr) di Repubblica, così, ha replicato duramente definendo la nota russa "una interferenza gravissima che chiama in causa tutto il sistema dell’informazione democratica in Italia, oltre che i vertici istituzionali".
I giornalisti ribadiscono l'impegno a "smontare le narrazioni fasulle di autocrati, despoti e guerrafondai" che violano il diritto internazionale, difendendo un giornalismo libero "autentica chimera in un paese come la Russia".
La risposta sottolinea che, nonostante speculazioni propagandistiche sul cambio di proprietà Gedi, la redazione continuerà il proprio lavoro indipendente.
La polemica, in ogni caso, ha mobilitato la politica: il sottosegretario all'editoria Alberto Barachini ha condannato l'attacco come tentativo di condizionare la stampa italiana, promettendo la difesa del pluralismo.
Angelo Bonelli di Avs ha parlato di "grave ingerenza" contro la libertà di stampa, chiedendo un intervento governativo per garantire occupazione e indipendenza dei giornalisti.
Enrico Borghi (Italia Viva) e Debora Serracchiani (Pd) hanno respinto al mitttente le lezioni di liberalismo di un regime che reprime i media, evocando casi di giornalisti uccisi dal regime di Putin, come Anna Politkovskaya.
Intanto, oggi, il governo ha convocato i vertici Gedi per monitorare la vendita, anche dal punto di vista dei controlli antitrust e del pluralismo.
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