Voleva far credere che il compagno fosse morto per cause naturali, ma a distanza di oltre due anni è emersa l'agghiacciante verità. Clementina Fumo, 63 anni, è stata arrestata nelle scorse ore a Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria. È accusata di aver ucciso il convivente Maurizio Ansaloni a gennaio del 2023.
La donna aveva chiamato i soccorsi, simulando un malore dell'uomo: in realtà si è trattato di un omicidio.
Maurizio Ansaloni aveva 58 anni quando, il 4 gennaio 2023, venne trovato ormai privo di vita all'interno dell'abitazione che condivideva con la compagna, Clementina Fumo. Fino a poco tempo prima viveva nella stessa casa anche la madre dell'uomo, poi trasferita in una RSA dai servizi sociali. La coppia non aveva figli.
A lanciare l'allarme era stata la donna, raccontando agli operatori del 118 che l'uomo aveva avuto un malore. All'epoca fu dichiarato deceduto per cause naturali. Ma la versione della 63enne, con molte contraddizioni, non ha mai convinto i carabinieri, che hanno quindi avviato le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Palmi.
A due anni e mezzo dalla morte dell'uomo, gli investigatori del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno eseguito l'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Fumo, emessa dal gip su richiesta del procuratore Emanuele Crescenti. L'accusa è di omicidio aggravato.
A insospettire i carabinieri della compagnia di Gioia Tauro, intervenuti dopo il 118, sono state innanzitutto le numerose contraddizioni della donna su quanto accaduto, unite a un atteggiamento freddo e distaccato rispetto alla tragedia della morte del compagno.
Inoltre, ad aggravare la sua posizione, ci sarebbe stato un notevole ritardo tra il presunto malore e la chiamata ai soccorsi. Una circostanza che Clementina Fumo non sarebbe riuscita a giustificare.
La coppia viveva in un contesto di degrado sociale, in una piccola abitazione con diversi cani, come spiegato dal procuratore: un ulteriore elemento che ha portato ad approfondire la vicenda.
Oltre alle stranezze già notate dagli investigatori, durante le indagini sono emersi ulteriori elementi a carico della donna, derivanti da testimonianze, sopralluoghi e da perizie medico-legali richieste dalla Procura.
Secondo i vicini i due conviventi litigavano spesso per futili motivi: tensioni che si sarebbero verificate quotidianamente. A chiudere il cerchio, i risultati dell'autopsia sul corpo di Maurizio Ansaloni. Il medico legale ha infatti riscontrato lesioni interne e segni non riconducibili a una morte naturale. L'uomo, infatti, sarebbe stato soffocato.
Secondo gli inquirenti, l'omicidio sarebbe maturato tra le mura domestiche per motivi economici e per questioni "becere", come evidenziato da Crescenti. Il procuratore lo ha definito "un maschicidio".