Era il 1997 quando nei cinema statunitensi uscì So Cosa Hai Fatto, il primo capitolo dell’ennesima saga dell’orrore per adolescenti, diretto da Jim Gillespie e scritto da Kevin Williamson. Al tempo io avevo sette anni e ricordo quanto, per quelli della mia generazione, gli horror per ragazzi rappresentassero una sorta di tentazione proibita, in un’epoca in cui non esistevano gli smartphone o i social network, e origliare di nascosto le conversazioni dei fratelli e delle sorelle maggiori riguardo quelle pellicole conferiva loro un’aura di mistero in più. L’ora di ricreazione nel cortile della scuola era il momento perfetto per ascoltare i racconti dei compagni su “quel film che mio fratello è andato a vedere ieri sera…”. Erano gli anni iconici di MTV, della collana di libri Piccoli Brividi, di Friends, Beverly Hills e di lì a poco anche di Dawson’s Creek e Buffy, come di tante altre cose che in questo secolo non potrebbero di fatto esistere. Fino al 2010 il confine di demarcazione che separava il mondo dello spettacolo dai comuni mortali era netto al punto tale da far sì che intorno a un film o un programma TV o una serie si creasse un vero fenomeno di fascino travolgente per le masse. Tant’è che furono molte altre le saghe slasher a precedere So Cosa Hai Fatto - tipo: Halloween, Venerdì 13, Nightmare, Non Aprite Quella Porta – che fecero sognare tantissimi appassionati e anche chi, come me, poteva solo sentirne parlare per via della sua giovane età. Appena un anno prima, nel 1996, uscì il capitolo iniziale di Scream, scritto dal medesimo sceneggiatore, Kevin Williamson, ma diretto da Wes Craven (che forse, proprio per merito della sua regia, ebbe più successo e più sequel).
Ad ogni modo, So Cosa Hai Fatto (I Know What You Did Last Summer) vedeva protagonisti quattro teenager che, la notte del 4 luglio del ’96, dopo essersi recati in spiaggia per fare una piccola festa, sulla via di rientro, investirono e uccisero un uomo, per poi sbarazzarsi del cadavere in mare al fine di sfuggire alle possibili conseguenze legali. A distanza di un anno un killer a volto coperto, con indosso un impermeabile e con in mano un uncino, prese a seguirli, tentando di ucciderli. Furono girati due sequel, Incubo Finale e Leggenda Mortale, e una serie distribuita su Amazon Prime a ottobre 2021. Il soggetto era ispirato liberamente all’omonimo libro per ragazzi della scrittrice Lois Duncan, pubblicato negli Stati Uniti nel ’73 e in Italia nel ’98, tradotto giusto dopo l’uscita del film. La Duncan, dopo aver visto la pellicola, la definì “uno slasher dozzinale”, a differenza del suo romanzo.
Arriviamo dunque all’ultimo sequel, intitolato come il primo, diretto da Jennifer Kaytin Robinson e uscito nelle sale italiane il 16 luglio scorso. La storia è ambientata nei giorni nostri ed è molto simile all’originale, che però ricordo essere la continuazione e non un remake. Nel cast ritroviamo ben tre personaggi del prequel: Julie James, interpretata anche stavolta da Jennifer Love Hewitt, Ray Bronson, sempre con lo stesso attore del ’97, Freddie Prinze Jr., e Helen Shivers, in un’apparizione onirica, con il ritorno di Sarah Michelle Gellar. Per quanto mi aspettassi di peggio, devo dire che, considerata la natura mainstream del progetto, non è così malvagio. È presente un buon livello di tensione, terrore e suspense. Divertente e con la giusta capacità di inserire nei dialoghi le mode e le usanze attuali, senza scivolare nel ridicolo. A padroneggiare sono soprattutto le figure femminili, rendendo poco rilevanti le presenze maschili, che inizialmente fanno fronte comune per poi formare delle fazioni differenti, lasciando intendere che ci sarà un seguito. Nulla di straordinario, ma nel complesso un horror godibile.
Concludo con una riflessione: in un momento in cui l’umanità sembra sentirsi smarrita nella confusione di tempi che non hanno ancora trovato un’identità, stiamo cercando di riportare in vita cult del passato nel tentativo di ritrovare noi stessi. Il risultato, però, finora ha generato spesso delusione, perché, nel paragone in fatto di qualità, i progetti nuovi non hanno retto il confronto. Penso che anziché provare a tornare indietro, dovremmo concentrarci nel trovare un nuovo linguaggio che ci identifichi e ci rappresenti. Purtroppo ho come la sensazione che non saremo più in grado di creare un vero successo capace di superare le tre settimane di attenzione mediatica da social. Ciò nonostante, per So Cosa Hai Fatto 3 stelle su 5.