31 Jul, 2025 - 11:56

Gianmarco Pozzi, cosa si nasconde dietro la morte a Ponza? Il padre: "Qualcuno sa, ora ho le prove"

Gianmarco Pozzi, cosa si nasconde dietro la morte a Ponza? Il padre: "Qualcuno sa, ora ho le prove"

Sono passati quasi cinque anni dalla morte di Gianmarco Pozzi, il 28enne romano - ex campione di kickboxing - trovato senza vita il 9 agosto 2020 in un'intercapedine tra il muro di un campo incolto e quello di una villetta di via dello Staglio, sull'isola di Ponza, dove lavorava come addetto alla sicurezza per una nota discoteca. 

Anni di interrogativi e dubbi mai chiariti, che non hanno impedito alla Procura di chiedere l'archiviazione del caso, a cui i familiari si sono opposti. La svolta tanto attesa potrebbe arrivare da una nuova testimonianza, raccolta dal padre del ragazzo e messa agli atti qualche mese fa. "Speriamo che sia la volta buona", il commento di Paolo Pozzi a Tag24.

La misteriosa morte di Gianmarco Pozzi a Ponza

"Le indagini - se di indagini vogliamo parlare - sono state sbrigative e hanno tralasciato molti aspetti", denuncia Pozzi. Quando fu trovato senza vita, il figlio Gianmarco, 28 anni compiuti da poco, presentava ferite su tutto il corpo e aveva l'osso del collo rotto. 

Lesioni particolari, nonostante le quali gli inquirenti conclusero - senza neanche disporre una vera e propria autopsia - che la morte fosse dovuta a una caduta accidentale. Secondo la ricostruzione ufficiale, il giovane sarebbe "scivolato" mentre si trovava in uno stato di alterazione dovuto all'assunzione di cocaina.

Una spiegazione che per i familiari però non regge. "Nella busta trovata negli slip di Gianmarco - contenente mozziconi di sigaretta, uno scontrino sporco di sangue, uno stuzzicadente e tre capelli - sono emersi dei profili genetici sconosciuti", spiega Pozzi. 

Di chi erano? E come sono finiti dov'erano? Sono solo alcune delle domande che non hanno mai trovato risposta. Altre riguardano la famosa carriola che il padre del 28enne trovò a poca distanza dal ritrovamento del corpo del figlio durante un "pellegrinaggio" a Ponza.

Il testimone e le minacce prima della deposizione

Quella carriola ha un ruolo importante. Nell'aprile 2021, un residente dell'isola si mise infatti in contatto con Pozzi, per raccontargli, tramite un audio, che una donna gli aveva riferito di aver visto tre persone trasportare una carriola con un corpo parzialmente coperto da un telo nero.

Versione che, una volta convocato dalla Procura di Cassino, l'uomo modificò. "Quando abbiamo avuto accesso agli atti dell'inchiesta, ci siamo resi conto con i nostri avvocati che aveva ammesso la circostanza, sostenendo però di non conoscere personalmente la donna in questione".

"In pratica, diceva di aver sentito parlare di questa donna da due signore. Appena ho potuto, sono andato a chiedergli spiegazioni", racconta Pozzi. "Mi ha detto che la mattina della deposizione è stato avvicinato da qualcuno che gli ha intimato di non dire niente. Io ho registrato tutto".

La richiesta di archiviazione e i prossimi passi 

L'audio è finito ora agli atti. "Non è più solo una segnalazione, ma una prova, e tale deve essere considerata", secondo Pozzi. "Abbiamo depositato la denuncia cinquantacinque giorni fa. Ci avevano chiesto di non parlarne per almeno 40 giorni: abbiamo aspettato, adesso era giunto il momento di rendere tutto pubblico".

La speranza dei familiari di Gianmarco è che l'archiviazione chiesta dalla Procura venga rigettata e che si continui a indagare. "So che sono in corso delle attività tecniche. Devono farle per forza. Poi dovranno dirci perché il testimone è stato minacciato, visto che l'identità di chi lo ha fatto già la conosciamo", dichiara Pozzi. 

Il dolore, con il tempo, ha lasciato spazio alla rabbia, dice. "All'inizio ero distrutto, ora sono arrabbiato. E determinato. Se c'è chi sa, non può continuare a tacere. Non ci fermeremo finché sulla vicenda non sarà fatta pienamente luce", conclude. La sua voce tradisce l'emozione. La giustizia è l'unica cosa che, forse, potrà consolarlo dopo tanta sofferenza.

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