La riforma delle pensioni è un argomento complesso e in continua evoluzione che preoccupa molti lavoratori. L'aspirazione a godere della pensione si scontra spesso con una profonda incertezza sul futuro previdenziale, alimentata da un susseguirsi di nuove normative. Non sorprende che le domande si moltiplichino: "Quale sarà la mia età pensionabile nel 2027?", "Il mio assegno sarà più basso?", "Quanti anni dovrò ancora lavorare?". Quest'ansia è confermata anche dalle ricerche online, con termini di ricerca molto diffusi come "calcolo pensione futura", "coefficienti trasformazione pensione" e "novità pensioni governo Meloni". Da qui nasce l'esigenza di risposte chiare e dirette sulla riforma delle pensioni, per capire davvero cosa sta cambiando e cosa resta dell'ormai storica Legge Fornero.
Contrariamente a quanto si possa pensare e nonostante gli slogan elettorali, non abbiamo mai detto addio alla Legge Fornero. Anzi, adesso sembra ritornare con forza.
La riforma Fornero, spesso descritta come "lacrime e sangue", fu introdotta per la stringente esigenza di stabilizzare i conti pubblici e garantire la sostenibilità del sistema previdenziale nel medio e lungo termine. Ciò avvenne attraverso un significativo inasprimento dei requisiti per l'accesso alla pensione, incluso l'allungamento dell'età media. Le sue disposizioni continuano a influenzare pesantemente non solo i requisiti anagrafici e contributivi per andare in pensione, ma anche il calcolo stesso degli assegni.
Non è la prima volta che i meccanismi di questa legge riemergono nel sistema previdenziale, e con ogni probabilità non sarà l'ultima. Stavolta, i segnali di un ulteriore irrigidimento dei requisiti riguardano in modo diretto i pensionati di domani, i quali si trovano a fronteggiare la prospettiva di lavorare più a lungo e ricevere un taglio dell'assegno.
Mentre le regole per il biennio 2025-2026 resteranno invariate, il 2027 segnerà un punto di svolta cruciale. Un nuovo aumento delle speranze di vita, già confermato dall'Istat, avrà significative ripercussioni sui principali trattamenti previdenziali. Questo implica che, senza decisi interventi correttivi da parte del governo, maturare il diritto alla pensione diventerà oggettivamente più arduo.
L'allungamento dell'età pensionabile diventa una realtà e ora rischia di compromettere l'uscita dal mondo del lavoro per molti. Dal 1° gennaio 2027, il legislatore dovrà procedere con un nuovo adeguamento automatico dei requisiti, basato sull'incremento delle speranze di vita sui trattamenti ordinari. Come riportato da money.it, dopo l'aggiunta di 5 mesi nel 2019, che ha portato l'età per la pensione di vecchiaia a 67 anni, il prossimo intervento darà uno scatto in avanti di 3 mesi.
Ciò significa che per la pensione di vecchiaia ordinaria si dovrà attendere fino a 67 anni e 3 mesi. La pensione anticipata ordinaria, che solitamente richiede 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, passerà rispettivamente a 43 anni e 1 mese per gli uomini e 42 anni e 1 mese per le donne. Questa modifica non colpirà solo le misure ordinarie di pensionamento, ma avrà effetti a cascata anche sulle altre misure anticipate, inclusa Quota 41 per i lavoratori precoci.
L'innalzamento dell'età è solo una parte del quadro. Chi maturerà i requisiti per la pensione dal 2027 dovrà fare i conti anche con un taglio dell'assegno. Non è un caso se l'applicazione del meccanismo di adeguamento automatico all'aspettativa di vita ha delle ripercussioni anche sui coefficienti di trasformazione.
Questo parametro converte il montante contributivo accumulato nell'assegno pensionistico erogato dall'INPS ogni mese. Per rigor di logica, allungando l'età pensionabile, l'applicazione dei coefficienti sarà più bassa, con un'evidente penalizzazione sull'importo finale della pensione calcolata sui contributi versati. Adesso i nodi cominciano ad arrivare al pettine, considerando che l'INPS nel biennio 2025-2026 ha già applicato coefficienti più bassi, una tendenza destinata a proseguire per chi andrà in pensione nei prossimi anni.
Molte delle attuali misure anticipate flessibili, introdotte per offrire alternative alla Legge Fornero, sono destinate a scadere il prossimo 31 dicembre. Parliamo di strumenti come Ape Sociale, Opzione donna e Quota 103 (che permette l'uscita a 62 anni con 41 di contributi). Sebbene le conferme definitive non siano ancora giunte, è altamente probabile che queste misure vengano rinnovate senza correttivi significativi per il 2026, garantendo così una continuità per le uscite anticipate.
Tuttavia, il quadro è destinato a mutare radicalmente a partire dal 2027. Come abbiamo già evidenziato, da quell'anno scatterà il prossimo adeguamento dell'età pensionabile alle aspettative di vita, portando un aumento di tre mesi sui requisiti anagrafici. Ma cosa significa concretamente questo slittamento dei requisiti per le misure flessibili? Ecco qualche esempio approssimativo di come potrebbero cambiare l’accesso a diversi trattamenti, tra cui: