Ha confessato di aver sedato e ucciso il figlio, Alessandro Venier, per poi smembrarne il corpo e nasconderlo in un bidone pieno di calce viva con l'intento di lasciarlo disintegrare. Il tutto con l'aiuto della compagna del 35enne, loro convivente, che ha definito "la figlia che non ha mai avuto".
Lorena Venier, 61 anni, infermiera di professione, è accusata, insieme alla 30enne di origine colombiana, Mailyn Castro Monsalvo, di omicidio volontario pluriaggravato, vilipendio e occultamento di cadavere. A pochi giorni dall'arresto - già convalidato dal gip - emergono però elementi che potrebbero mettere in discussione la sua versione dei fatti.
C'è innanzitutto la telefonata al numero unico per le emergenze 112 fatta da Mailyn nelle ore immediatamente precedenti al ritrovamento del cadavere di Venier nell'abitazione di famiglia, a Gemona del Friuli. Telefonata in cui la donna, riferendosi agitata all'operatrice di turno, avrebbe detto:
A riferirlo sono "i carabinieri in una nota di servizio in cui riportano la testimonianza dell'operatrice sulle dichiarazioni della 30enne", spiega a Tag24 l'avvocata Federica Tosel, che insieme al collega Francesco De Carlo la difende.
È per via di questa telefonata che i carabinieri si sarebbero recati, lo scorso 31 luglio, a casa Venier, per poi scoprire il cadavere smembrato di Alessandro. Che però, secondo le ricostruzioni, era già morto da giorni, cioè dal 25 luglio precedente.
"Mailyn era in preda a un attacco psicologico (a gennaio ha dato alla luce una bambina, e da allora soffre di depressione, ndr), non si può escludere che si sia resa conto dell'omicidio solo nel momento in cui ha chiamato il Nue", aggiunge la legale.
"Di certo ci sono delle cose da chiarire", sostiene ancora l'avvocata. E non si riferisce soltanto alla strana chiamata. "La mia assistita presenta sulle braccia diversi lividi - spiega - Non sono un medico legale o un traumatologo, ma mi sembrano recenti. Non compatibili quindi con un'aggressione del compagno".
"Mailyn ci ha detto che glieli ha fatti la suocera. Questo ci porta a dover approfondire tutto". Anche la circostanza - raccontata da Lorena - che la vittima avrebbe voluto trasferirsi in Colombia, portando con sé - contro la loro volontà - sia la 30enne che la loro figlia.
Ai suoi avvocati, Mailyn, infatti, "ha detto che ci sarebbe andata volentieri". È semplicemente confusa? "Le sue dichiarazioni vanno prese con le pinze, ma chiarite". Potrebbero anche nascondere qualcosa. Al momento la donna si trova nell'Istituto di Custodia Attenuata per Madri di Venezia, sotto controllo.
Quando verrà ritenuto opportuno - sia per motivi medici che difensivi - sarà ascoltata. E a quel punto "dovrà anche fare luce sul rapporto che la legava al compagno, dirci se è vero, come ha detto la suocera, che l'uomo la maltrattava in modo sistematico". E che sarebbe stata lei quindi a proporne l'uccisione.
Quale sia stato davvero il ruolo della 30enne potranno chiarirlo solo le indagini in corso, che parlano per ora - sulla base della confessione di Venier - di un piano "lucido e crudele" ideato e messo in atto in concorso dalle due donne.
Attorno a tanti elementi resta un alone di mistero. "Saranno fondamentali gli accertamenti tecnico-scientifici della Procura, come l'autopsia, i sopralluoghi, gli esami - conclude l'avvocata Tosel - Mi chiedo come sia possibile che in casa non ci fossero tracce di sangue se il corpo è stato smembrato lì".
Le prime, attesissime risposte potrebbero arrivare già nei prossimi giorni. Resta intanto lo sgomento della comunità locale. La bimba, per cui in pochi giorni sono arrivate richieste di affido da ogni parte d'Italia, si trova in una struttura protetta: presto andrà a stare dai nonni materni.