Oggi mi è stato notificato il provvedimento dal Tribunale dei ministri per il caso Almasri: dopo oltre sei mesi dal suo avvio, rispetto ai tre mesi previsti dalla legge, e dopo ingiustificabili fughe di notizie. I giudici hanno archiviato la mia sola posizione, mentre dal decreto desumo che verrà chiesta l’autorizzazione a procedere nei confronti dei Ministri Piantedosi e Nordio e del Sottosegretario Mantovano. Nel decreto si sostiene che io “non sia stata preventivamente informata e (non) abbia condiviso la decisione assunta”: e in tal modo non avrei rafforzato “il programma criminoso”. Si sostiene pertanto che due autorevoli Ministri e il sottosegretario da me delegato all’intelligence abbiano agito su una vicenda così seria senza aver condiviso con me le decisioni assunte. È una tesi palesemente assurda
ha scritto Meloni allegando una foto che la ritrae bella sorridente. Ma che a tutto fa pensare tranne che a un clima sereno
Questo, anche perché già in passato le opposizioni avevano chiesto le dimissioni del ministro della Giustizia Carlo Nordio per la vicenda Almasri. E lei, sempre nel post di ieri, si è detta già pronta al contrattacco:
A differenza di qualche mio predecessore, che ha preso le distanze da un suo ministro in situazioni similari, rivendico che questo Governo agisce in modo coeso sotto la mia guida: ogni scelta, soprattutto così importante, è concordata. È quindi assurdo chiedere che vadano a giudizio Piantedosi, Nordio e Mantovano, e non anche io, prima di loro
Il riferimento è a Giuseppe Conte che si è lavato le mani sulla vicenda Open Arms: la stessa che vede ancora impegnato il suo ex ministro Matteo Salvini in un procedimento giudiziario (sebbene sia stato assolto in primo grado).
Tribunale dei ministri sul caso Almasri, ancora grane per Meloni con i ministri rinviati a giudizio
Dopo la pausa di Ferragosto, il parlamento è atteso alla seconda lettura della riforma Nordio che mira a riformare la magistratura. Il clima, quindi, è già avvelenato di suo tra il mondo politico e quello delle toghe. E la vicenda Almasri torna d'attualità non facendo altro che inasprire ancora di più gli animi. Questo, sebbene la stessa Giorgia Meloni abbia tenuto a precisare:
Nel merito, ribadisco la correttezza dell’operato dell’intero Esecutivo, che ha avuto come sola bussola la tutela della sicurezza degli italiani. L’ho detto pubblicamente subito dopo aver avuto notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati, e lo ribadirò in Parlamento, sedendomi accanto a Piantedosi, Nordio e Mantovano al momento del voto sull’autorizzazione a procedere
Il voto parlamentare, evidentemente, ha un esito scontato: i magistrati non otterranno l'autorizzazione a procedere. Ma il procedimento comunque sarà ancora al centro dello scontro politico. Tanto è vero che Matteo Salvini ha già rilanciato:
Avanti insieme a testa alta, non ci fermeranno: alla faccia dei non ricordo degli smemorati Conte e Toninelli. Quella del Tribunale dei ministri è una decisione senza senso
Dal Pd, invece, è intervenuto il capogruppo al Senato Francesco Boccia:
A Meloni abbiamo sempre chiesto la verità in parlamento per rispetto verso il Paese. Resta la responsabilità politica sempre negata finora
Le accuse mosse a Giorgia Meloni e ai suoi uomini
Ma quali sono nello specifico le accuse che i magistrati hanno mosso contro Giorgia Meloni, Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano?
Per la premier, la magistratura (fino a ieri, quando ha deciso di chiederne l'archiviazione) si era mossa per favoreggiamento e peculato.
Per il suo braccio destro, il sottosegretario Alfredo Mantovano, responsabile dei Servizi segreti, il rinvio a giudizio è stato chiesto per le due stesse ipotesi di reato: favoreggiamento e peculato.
Per il ministro della Giustizia Carlo Nordio, invece, si chiede il giudizio per favoreggiamento e omissione di atti d'ufficio.
Per il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, infine, per favoreggiamento e peculato.
La vicenda Almasri
Ma qual è la vicenda sulla quale si è incardinato l'ultimo scontro tra governo e magistratura?
Essa ha avuto inizio il 18 gennaio scorso, quando la Corte penale dell'Aia spicca un mandato d'arresto per il Generale libico Osama Almasri, direttore del carcere di Mitiga, accusato di crimini di guerra e contro l'umanità.
Il giorno dopo, l'uomo viene arrestato a Torino. Ma il 21 gennaio già viene rilasciato dalla Corte d'Appello di Roma. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio non interviene, secondo il Tribunale dei ministri "impone il silenzio", e il Generale, con un volo di Stato, viene rimpatriato a Tripoli.
Al che iniziano a divampare le polemiche: le opposizioni e la Corte penale si scagliano contro il Governo. E il 5 febbraio Nordio e Piantedosi riferiscono in Parlamento. Il primo sostiene che erano stati commessi degli errori nel mandato d'arresto della Corte penale internazionale. Il secondo spiega che il rilascio era avvenuto per motivi di sicurezza per l'Italia.
Ieri, la nuova svolta di una vicenda ancora né chiusa né chiarita del tutto.