Ormai è ufficiale, l’estate 2025 sembra essere la regina indiscussa del brivido. Tra i titoli già disponibili in sala e gli altri prossimi all’uscita, quest’anno per gli amanti dell’orrore c’è davvero l’imbarazzo della scelta: M3GAN 2.0, 28 Anni Dopo, Dedalus, I Play Mother, So Cosa Hai Fatto, Presence, Weapons, Locked – In Trappola, Dangerous Animals, The Conjuring - Il rito finale, La Valle dei Sorrisi. E queste sono solo alcune delle spaventose pellicole, più o meno buone, che hanno avuto e che avranno l’arduo compito di risollevare la nomea della programmazione cinematografica estiva, da sempre caratterizzata da un tragico crollo qualitativo. Nello specifico però sembra esserci un tentativo mirato di ridare dignità al genere horror, svilito da diversi anni a causa dell’alternarsi di lungometraggi bislacchi, noiosi o inutilmente grotteschi. La verità è che mancano le idee, quelle giuste, quelle originali, quelle ancora capaci di stupire lo spettatore, tendendolo sulle spine, e l’errore più grosso che spesso negli ultimi dieci/quindici anni è stato commesso da registi e sceneggiatori di film ad alta tensione è che, nel cercare di sorprenderci a tutti i costi, hanno finito per scivolare rovinosamente nel ridicolo o nell’assurdo.
Ma sarà anche il caso dei gemelli e colleghi cineasti Danny e Michael Philippou? Giusto lo scorso 30 luglio è uscito nelle sale italiane il loro secondo lungometraggio, intitolato Bring Her Back, ma gli estimatori degli horror hanno già imparato a conoscerli da lungo tempo. Danny e Michael, australiani, nati a novembre del ’92, hanno esordito nel mondo della regia a 11 anni, girando video amatoriali di wrestling, e non molto tempo dopo hanno preso a cimentarsi coi cortometraggi. Nel 2013, dapprima con Facebook e successivamente tramite Youtube, aprendo un canale chiamato RackaRacka, hanno iniziato a diffondere i propri lavori in rete, raccogliendo milioni di visualizzazioni fino a vincere svariati premi, tipo un AACTA Award nella sezione “miglior webserie o video online”. Specializzati da sempre nell’orrore, nel 2014 hanno partecipato alla produzione del film Babadook. Nel 2022 è poi arrivato il primo lungometraggio ufficiale Talk To Me, scritto, diretto e prodotto da loro stessi, il quale ha riscosso un notevolissimo successo, consacrandoli come rivelazione contemporanea nel cinema del terrore.
Torniamo dunque a Bring Her Back, la cui sceneggiatura è stata scritta solo da Danny insieme a Bill Hinzman, e che vede protagonisti due fratellastri, Andy (Billy Barratt) e Piper (Sora Wong), figli di madri differenti, entrambe decedute, che inoltre hanno appena perso il padre Phil (Stephen Phillips). Dati in affido temporaneo a Laura (Sally Hawkins), in attesa che Andy diventi maggiorenne per poter chiedere la custodia di Piper, da subito si renderanno conto che c’è qualcosa di molto strano nella loro nuova casa. Premiato come “best horror” agli Astra Awards del 2025, seppure girato indubbiamente bene, tuttavia la storia in sé non è così originale, men che meno le scene. A partire dal personaggio trito e ritrito della psicopatica, tanto cara e gentile all’apparenza, ma subdola, malvagia e manipolatrice a porte chiuse pur di ottenere a ogni costo ciò che desidera. Soprattutto nel campo della maternità surrogata o affidataria, quante volte lo abbiamo già visto? Senza andare troppo lontano, basti pensare a I Play Mother uscito soltanto il 10 luglio scorso. Certo, in questo caso i gemelli Philippou sembrano soffermarsi su come la psiche di una madre può reagire alla morte prematura di un figlio ancora bambino e di cosa sarebbe disposta a fare per riportarlo in vita, anziché sul semplice desiderio di maternità insoddisfatto che diviene ossessione folle. Ma anche qui, vi risulta davvero un soggetto inedito?
Sono poi innumerevoli i richiami (indiretti) ad altre pellicole, a partire da Alien, Skeleton Key, Pet Sematary e molte ancora. Non voglio dire che sia un film pessimo, ma manca di spunti capaci di offrire un vero valore aggiunto al cinema. Nemmeno il personaggio di Oliver/Connor Bird (Jonah Wren Phillips), che evolve in un’estetica gratuitamente disgustosa e grottesca, benché a livello di gesti disturbanti è di sicuro la colonna principale dell’intera narrazione. Trovo sia l’ennesima opera dimenticabile in un gigantesco mucchio di altrettante opere trascurabili. C’è da dire che i gemelli Philippou hanno in cantiere sia un prequel che un sequel del meglio riuscito Talk To Me. Attenderei con più entusiasmo questi ultimi. Per Bring Her Back 3,3 stelle su 5.