Oggi, al teatro delle Vittorie, si aprirà la camera ardente per l'ultimo omaggio a Pippo Baudo, un uomo che ha segnato la storia della nostra televisione. Ma non solo: anche del nostro costume e, più in generale ancora, della nostra cultura.
Baudo, in queste vesti, è stato anche un esempio di resistenza contro la mafia.
Proprio così: nato a Militello in Val di Catania, è stato anche un uomo capace di sfidare a viso aperto Cosa Nostra, tanto da finire nel suo mirino.
La notte del 2 novembre 1991, una bomba devastò la villa di Pippo Baudo a Santa Tecla. Fortunatamente, in quel momento, non era abitata: il presentatore di solito vi si trasferiva solo d'estate.
Ma tant'è: il messaggio della mafia contro di lui fu potentissimo. La casa fu ridotta in macerie. E che dietro ci fossero i padrini mafiosi nessuno lo mise in dubbio nonostante il fatto che l'attentato fosse stato rivendicato in un primo momento da una sigla che la mafia utilizzava per depistare le indagini.
Del resto, proprio in quel periodo storico, Cosa Nostra aveva deciso di inaugurare la sua stagione stragista, quella che avrebbe portato alle bombe a Firenze, Milano e Roma nonché agli attentati a diversi personaggi pubblici che si erano schierati apertamente contro i clan tra cui Maurizio Costanzo e, appunto, Pippo Baudo.
Nel 1990 Maurizio Costanzo organizzò una puntata specifica per parlare di Palermo. Soprattutto di mafia. Il suo parterre era composto interamente da siciliani. E vedeva anche la presenza di Baudo. Erano i tempi del maxi-processo di Falcone e Borsellino. E già allora si sperava in un riscatto del Sud dalle organizzazioni mafiose che ne avevano pregiudicato lo sviluppo tenendosi lontani dalla retorica.
Baudo si scagliò, per l'ennesima volta, contro i padrini. Non era la prima volta. Né fu l'ultima. Tanto che, a un certo punto, un giovanissimo Fulvio Abbate gli chiese di ergersi a commissario di Palermo. Ma lui rispose che tutti dovevano fare il loro contro la mafia senza per forza assumere incarichi politici e istituzionali.
In un altro passaggio di quella trasmissione, Baudo parlò anche del pericolo di mitizzare la "sicilianità", una sorta di bandiera che se sventolata a sproposito rischiava di diventare un boomerang perché si trasformava in folkloristica e, quindi, in "poco intelligente", come disse.
Nel 2015, ospite di una trasmissione di Chiambretti, Baudo, invece, tornò sull'attentato subito e rivelò:
Quella villa la vendette: confidò che non ebbe più il coraggio di andarci a vivere. Ma il suo esempio di siciliano coraggioso che amava profondamente la sua terra è rimasto intatto.