Da qualche giorno Firenze si interroga su uno scatolone nero che svetta in uno dei punti più delicati e riconoscibili del tessuto urbano, tra lungarno Vespucci e il quartiere di Porta al Prato. È qui che sorgeva il vecchio “Comunale”, il teatro storico che ha ospitato il Maggio Musicale e i grandi concerti sinfonici prima del trasferimento delle attività al nuovo Teatro dell’Opera.
Firenze si chiede come è possibile che siano stati concessi i permessi per costruire una struttura del genere nel salotto buono. Il dossier ex Comunale risale al 2014, con i primi embrioni di progetti per una riconversione dell’edificio. I permessi ci sono tutti, quelli di Regione, Soprintendenza, Città metropolitana e Comune.
In una relazione urbanistica si legge che “in via preliminare ha rilevato che il progetto s’inserisce organicamente nel tessuto esistente, reinterpretando i caratteri morfologici d’impianto ottocentesco, garantendo qualità architettonica e, nonostante la notevole consistenza volumetrica, prevedendo una armonica articolazione tra spazi aperti e costruito. Il progetto risulta coerente con la salvaguardia delle visuali panoramiche, in quanto prevede il raggiungimento della massima altezza (29,7) per i soli volumi corrispondenti alla collocazione dell’attuale torre scenica”.
I fiorentini, con la consueta ironia, lo hanno ribattezzato “brufolo nero” ma è possibile che non siano riusciti a schiacciarlo fin dall’inizio? Ci fossero stati gli umarelli forse si sarebbero accorti prima di qualche architetto pentito.