Oggi è stato il gran giorno di Giorgia Meloni al Meeting di Rimini. La premier, alla sua prima sul palco dei ciellini, è stata accolta con un'ovazione che addirittura l'ha commossa.
Il suo intervento è stato lungo e articolato: ha toccato tutti i punti dell'attualità politica, sia nazionale che internazionale. E, in effetti, non ha deluso le aspettative.
A botta calda, molti l'hanno commentato dicendo che è destinato a segnare la rotta dell'ultima parte della legislatura.
Probabilmente, un giudizio dato non a torto. Perché Meloni, dicendo basta alla giustizia politicizzata, che l'Unione Europea rischia l'irrilevanza, che Draghi ha ragione, che l'immigrazione incontrollata è una minaccia, ha anche promesso che il prossimo punto qualificante della sua azione di governo sarà un piano casa, con affitti calmierati per le giovani coppie. Ma non solo: la premier ha anche fatto intendere che punta buona parte delle sue fiches sulla riforma della giustizia. E che, per portarla a casa in maniera definitiva, è pronta anche a convocare lei stessa, senza aspettare l'opposizione, il referendum costituzionale per la prossima primavera. In più: a livello internazionale, Giorgia Meloni sarebbe pronta a un vero e colpo coup de théâtre: il riconoscimento dello Stato della Palestina. Parola di un commentatore d'eccezione, l'ex direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli.
Questa mattina, mentre Giorgia Meloni interveniva al Meeting di Rimini, Paolo Mieli era ospite de "L'Aria che Tira", la trasmissione di La7. Ed è stato proprio l'ex direttore del CorSera, in libreria con l'ultimo lavoro edito da Rizzoli "Il prezzo della pace, quando finisce una guerra", ad avere l'impressione che dal palco di Comunione e Liberazione, la premier abbia tracciato l'agenda politica-istituzionale dei prossimi mesi. Al conduttore Francesco Magnani, Mieli ha confidato:
Insomma: per Mieli, stiamo alla vigilia di un lascia o raddoppia un po' come fu con Matteo Renzi nel 2006, quando l'allora premier volle legare il suo destino a quello della riforma costituzionale che aveva fatto approvare dalle Camere che prevedeva, tra l'altro, l'addio al bicameralismo perfetto.
Mieli, in ogni caso, non ha potuto fare a meno di ricordare che appuntamenti simili, da "lascia o raddoppia", in Italia sono prove quasi impossibili da superare per chi sta al governo, Il caso di Renzi del 2006 è già stato ricordato. Ma bisogna anche dire che c'è un precedente favorevole, sebbene con l'aiuto anche di gran parte dell'opposizione dell'epoca: nel settembre del 2020, Giuseppe Conte premier vide promuovere uno dei cavalli di battaglia del suo Movimento Cinque Stelle: la riduzione del numero dei parlamentari che da allora, anziché essere composto da 630 deputati e 315 senatori è la somma di 400 dei primi e di 200 dei secondi.
In ogni caso, per Paolo Mieli, la nuova stagione politica che tra qualche giorno andrà a cominciare dopo la pausa ferragostana porterà in primavera al referendum costituzionale che inevitabilmente segnerà il destino della legislatura:
Soffermandosi poi sulle parole che il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha speso sulla politica estera, Paolo Mieli ha sottolineato i toni mai così duri che ha utilizzato nei confronti del governo Netanyahu. Ma queste parole cosa comportano? Anche il riconoscimento della Palestina? Il direttore non l'ha escluso affatto: