@pranzoakonoha è un progetto che nasce a giugno 2021 per raccontare il percorso di Sam Nazionale, food creator oggi candidato agli Al.ta cucina Food Awards, alla scoperta della cucina dell'Estremo Oriente partendo dalle comunità asiatiche in Italia. Parallelamente all'attività social, Sam cura in tutta Italia show cooking e conferenze in mostre, scuole e eventi culturali, come la mostra Itadakimasu – Piccole Storie Nascoste nella Cucina degli Anime, di cui è curatore assieme a Silvia Casini, o ancora il Festival dell’Oriente e i Japan Days.
Dal 2024, realizza contenuti video gastronomici per i canali social del Consolato Generale del Giappone a Milano. Ultimamente si è concentrato sulla cucina coreana. D’altronde, il fenomeno Corea in Italia sta davvero andando alla grande, complice anche il successo di K-Pop Demon Hunters, un film che mette la Corea e la sua cultura pop al centro della narrazione, mostrando come il K-pop non sia solo musica, ma un fenomeno culturale globale. E anche se nel lungometraggio la cucina non è il focus principale, il contesto coreano è così marcato, che il cibo ne è comunque parte integrante dell’identità del prodotto filmico. Ma vediamo con Sam perché la Corea e la sua gastronomia sono così ammalianti…
(La ex idol trainee Anna Lee e Sam con i tteokbokki in due versioni, accompagnati da pancake salati, haemul pajeon e ravioli)
Hai carta bianca e tre aggettivi per descriverti...
Determinato, curioso, appassionato: lo so, sembrano le tre parole più basic del mondo e forse un po’ da Tinder quando non sai cosa scrivere… però in realtà mi rappresentano. Determinato, perché quando mi fisso su una cosa non mi ferma proprio niente. Curioso, perché se vedo una nonna coreana che cucina in strada io sto già lì con gli occhi a cuoricino e il block notes per segnarmi tutta la ricetta. Appassionato, perché questo progetto non è solo lavoro: è proprio amore. E poi, secondo il test delle 16 personalità che va tanto tra i ragazzi della mia età (soprattutto in Asia), sono ENFJ. Tradotto: l’amico che organizza tutto, motiva tutti, fa da mamma del gruppo, ma poi è anche quello che piange davanti a K-Pop Demon Hunters e che, mentre prova a essere leader, finisce per dimenticarsi le chiavi di casa chissà dove (true story, purtroppo). E poi: sono @pranzoakonoha su instagram!
Mai senza...?
Le cuffiette, perché se non sento Jisoo che canta attivo la modalità “demo gratuito scaduto”; un quadernino per ricette e appunti, che ormai è più una specie di diario segreto con TUTTE le idee migliori incluse quelle scritte alle 3 di notte; e il mio Kenzo, da nebulizzare nelle occasioni improvvise: perché non sai mai quando la vita ti mette davanti a un incontro epico. Ah, e il caricabatterie, perché senza di quello la mia vita lavorativa muore in mezz’ora.
Passioni?
Raccontare storie: che siano in un post, in un video o davanti a un piatto fumante, mi piace creare mondi in cui le persone possono entrare. Cucinare: perché il cibo è il linguaggio più universale che esista e anche l’unico che riesce a farmi stare zitto per qualche minuto: quando riesco a unire queste prime due, sono molto molto felice.
Ascoltare K-pop: colonna sonora della mia vita, perché c’è sempre un pezzo o un artista adatto a ogni mood; poi, stando sempre in campo artistico, il cinema asiatico: dai grandi classici alle perle più underground, è un po’ la mia comfort zone e la mia scuola di emozioni. Il mio regista preferito è Wong Kar-wai e la mia attrice del cuore Gong Li. In sintesi: vivo in un mix tra cucina, Spotify e una sala cinematografica immaginaria.
(Sam e la proprietaria del chiosco di Gohyang Kalguksu al Gwangjang Market di Seoul: Sam l'ha amata nella serie Netflix Street Food: Asia ed è stato straordinario per lui conoscerla dal vivo nel suo piccolo mondo.)
Se dovessi esprimere tre desideri?
Primo: avere sempre l’energia e la possibilità di realizzare tutti i miei progetti, senza perdermi per strada. Secondo: cucinare un piatto malese con Michelle Yeoh: sì, proprio LEI, perché sarebbe il crossover definitivo tra cucina, cinema e sogni da Oscar.
Terzo: far appassionare gli italiani a tanti aspetti meravigliosi della cultura e della gastronomia autentiche dell’Estremo Oriente, perché meritano di essere scoperti e vissuti con il cuore.
Bonus: Jimin. E no, non servono altre spiegazioni.
La tua vita in breve?
Facciamo finta che i miei primi diciotto anni siano stati… niente di che. Poi mi sono ritrovato a vivere a Londra, in un quartiere abitato quasi solo da comunità asiatiche. Lì è successo qualcosa di speciale: grazie a tanti rapporti personali, ho incontrato le prime persone giapponesi e coreane della mia vita. Inizialmente, soprattutto giapponesi a dire il vero. Spesso mangiavamo insieme e, attraverso quei piatti e quelle tavole condivise, ho capito che non potevo più tenere per me quella meraviglia. Dovevo raccontarla agli italiani, portarla sulle nostre tavole e mostrare quanto quel mondo fosse bello. Io provenivo da un contesto non grande, dove verso le comunità asiatiche c’era ancora una certa diffidenza silenziosa. Ed è proprio questo che voglio combattere. Credo che la cucina sia uno dei veicoli migliori per far cambiare idea anche alle menti più titubanti, perché noi italiani amiamo il cibo, e quando ci innamoriamo di un sapore, inevitabilmente ci avviciniamo anche alle persone che lo custodiscono.

(Il momento più magico del viaggio in Corea di Sam: il pranzo con gli anziani a Seoul.)
Parlaci delle tua ultima attività social dedicata alla Corea...
Ultimamente mi sto dedicando a far scoprire la cucina autentica coreana sui miei canali, raccontando il mio percorso per impararla. Non si tratta solo di condividere ricette, ma di raccontare storie: per questo mi sto affiancando a tante personalità dalla comunità coreana in Italia ma anche a esperti italiani del settore. Credo sia fondamentale sui social mostrare che questo dialogo con la comunità coreana sia attivo e vivace: da creator, non puoi vendere cultura di un altro paese senza confrontarti con quella gente, quelle storie.
Un ringraziamento speciale va a chi mi ha iniziato a questo mondo in Italia, dove fino a poco tempo fa i miei canali erano principalmente dedicati al Giappone: Sara, che guida una realtà pazzesca che organizza eventi K-Pop in Italia (kst.kpopshowtime), e Noemi, la mia “noona” social per la cucina (memisshi_cooks_korean), a mani basse una delle menti più brillanti e documentate del settore.
Quanto a me, ho avuto la fortuna di iniziare una bellissima sinergia con i ragazzi di Blueberry Travel, un tour operator che non si limita a promuovere viaggi, ma abbraccia mondi e culture con amore e curiosità. L’obiettivo è tanto grande quanto semplice: far arrivare agli italiani non solo i sapori, ma anche le storie e le emozioni che ci sono dietro. E se lungo la strada qualcuno scopre che i piatti coreani non sono tutti piccanti e che il soju può essere più amico di quanto pensassero… beh, per me è già una vittoria.
Cosa ti affascina della Corea?
Potrei rispondere con mille parole, ma preferisco raccontarlo con un episodio che per me è stato rivelatore. Quando sono stato a Seoul, nel giro di 12 ore ho vissuto un condensato assurdo della Corea. Una sera eravamo a Itaewon a mangiare pollo fritto e bere somaek, poi in sala giochi e subito dopo a ballare con tutto il mio gruppo di amici local. E lì, in discoteca, ho sentito per la prima volta i pezzi del mio cuore: non c’era gente che guardava strano, tutti saltavano e ballavano su Jump delle Blackpink. In Italia questo succede solo in qualche rara serata a tema, lì invece era normalità pura.
La mattina dopo, ho incontrato in uno dei vicoletti in cui mi stavo perdendo un gruppo di anziani che tornavano dalla messa: non avevano mai visto un italiano e, siccome hanno visto che ero solo, mi hanno invitato a mangiare e bere con loro.
Ecco, questo contrasto: i club e il pollo fritto della notte prima, e il pranzo improvvisato con gli anziani la mattina dopo… è la Corea per me. A distanza zero puoi passare da un tuffo nel passato a uno nel futuro, ed è questo che mi ha stregato la testa e il cuore.
(Bulgogi, uno dei piatti coreani più iconici che Sam ha imparato a cucinare con Ara e Hangbin Cho, figli della grande chef Elena Lee.)
Rivelaci qualche segreto culinario...
C’è ancora tanta confusione sulla cucina coreana e, onestamente, io stesso continuo a stupirmi mentre la scopro passo dopo passo. Uno dei falsi miti più diffusi è che la tradizione coreana ruoti attorno ai piatti piccanti. In realtà, se guardiamo alle preparazioni più antiche e radicate, il peperoncino non c’è quasi per niente: è arrivato in Corea piuttosto tardi, come in tante altre parti del mondo.
I piatti piccanti sono parte della cucina più storicamente recente, ma non sono necessariamente sinonimo di tradizione. Perfino il kimchi (che non è una sola ricetta ma un intero universo di preparazioni basate sulla fermentazione) in origine non era affatto piccante, perché il peperoncino ancora non esisteva in Corea.
Quindi, sorpresa: chi non ama il piccante non deve per forza rinunciare a esplorare la cucina coreana. Ci sono infinite opzioni, e molte di queste sono le più autentiche e storicamente radicate.
L’esperienza che hai amato di più fino ad ora?
Senza dubbio, l’esperienza che ricordo con più entusiasmo è il video che ho realizzato con Anna, un’ex idol trainee coreana che vive a Milano. Mi ha insegnato a preparare uno dei piatti più iconici: i tteokbokki, sia nella versione popolare super spicy, sia in quella più tradizionale, tipica dell’antica corte reale.
Mentre cucinavamo, mi raccontava mille storie sul mondo idol: è stato a metà tra un concerto, un documentario shock (alcune cose sono davvero estreme) e una giornata in cucina con una sorella che sforna più cibo di una nonna del Sud.
E parlando di nonne, imparare a preparare il kimchi classico di cavolo cinese con la signora Hongja è stato straordinario. Ha più di 80 anni ma dieci volte la mia energia. Non avevamo quasi nulla della lingua in comune, eppure è stato un vero tuffo nel cuore gastronomico della Corea, un’esperienza che credo sia rarissima. Da qui a fine anno usciranno molti video dedicati a queste ricette cucinate a quattro mani, e io mi sento incredibilmente fortunato a poter condividere tutto questo.
Prossime iniziative?
Il mio percorso sulla cucina coreana continuerà, affiancandosi ai contenuti più consolidati legati alla mia identità professionale nella cucina giapponese. Sto accogliendo in casa ospiti della comunità coreana che mi guidano passo dopo passo, imparando ogni giorno qualcosa di nuovo e documentando tutto per far vivere anche ai miei follower questa esperienza meravigliosa.
Parallelamente, sto esplorando le dimensioni del food writing e della narrativa. C’è, ad esempio, un romanzo in corso… ma per ora non dico altro, se non che a Seoul ho avuto l’opportunità di intervistare persone straordinarie, tra cui un nuovo gruppo idol prossimo al debutto, e l’esperienza è stata incredibile.
Nel futuro vedo anche un documentario, la possibilità di trascorrere le estati a Seoul e, spero presto, anche in Giappone – questo per rendere ancora più vivo e autentico il mio percorso tra Italia e Estremo Oriente. Sento una grande responsabilità nei confronti del mio lavoro, della comunità italiana, giapponese e coreana. Farò tutto il possibile perché @pranzoakonoha sia all’altezza di questo dialogo, con l’augurio che il cibo e le storie che porto possano diventare veri e propri ponti di amicizia e stima tra popoli meravigliosi.