29 Aug, 2025 - 14:16

Lorena Quaranta: sogni spezzati e giustizia in bilico

Lorena Quaranta: sogni spezzati e giustizia in bilico

La puntata del programma televisivo "Trovati Morti", condotta da Fabio Camillacci sul canale 122, ha riportato all’attenzione pubblica il femminicidio di Lorena Quaranta, la studentessa di medicina di ventisette anni uccisa il 31 marzo 2020 dal fidanzato Antonio De Pace, infermiere. L’omicidio, avvenuto nei giorni più duri del lockdown, è diventato negli anni un caso emblematico per le vicende processuali che lo hanno accompagnato e per le polemiche legate al presunto stress da pandemia che l’assassino aveva addotto come giustificazione.

La ricostruzione dei fatti ha ricordato come la tragedia si sia consumata nell’abitazione di Furci Siculo, nel Messinese, dove i due convivevano. Dopo una lite iniziata la sera precedente, De Pace colpì la giovane con violenza e poi la soffocò, tentando successivamente un suicidio che non portò a termine prima di allertare le forze dell’ordine. Inizialmente l’uomo sostenne di essere stato vittima di una forte ansia dovuta al timore del contagio da Covid-19, una versione poi smentita dai tamponi che esclusero la presenza del virus. Nonostante ciò, il riferimento allo stress pandemico entrò nei procedimenti giudiziari, diventando uno degli elementi più discussi del caso.

Nel corso del dibattito, la psicologa e criminologa Antonella Elena Rossi ha spiegato che dinamiche simili non sono frutto di un improvviso scatto incontrollato, ma di un progressivo accumulo di tensioni e di comportamenti possessivi che trovano nella violenza l’esito finale. Secondo l'esperta, parlare di raptus rischia di ridurre la responsabilità dell’aggressore, mentre ciò che emerge con chiarezza è la volontà di annientamento verso la partner. La pandemia, ha osservato, può avere amplificato lo stress, ma non costituisce una spiegazione per un atto tanto brutale. La vicenda di Lorena viene così interpretata come il risultato di una relazione segnata da squilibri e da un forte senso di rivalità, soprattutto di fronte alla crescita personale e professionale della ragazza, che stava completando il suo percorso universitario con l’obiettivo di diventare ginecologa.

Un tema sollevato più volte è stato quello della tendenza dell’opinione pubblica a umanizzare l’autore del crimine, descrivendolo come un ragazzo apparentemente normale che improvvisamente perde il controllo. Secondo Rossi, questa narrazione rischia di oscurare la natura sistemica del femminicidio e di generare comprensione nei confronti di chi si rende responsabile di atti irreparabili. Il caso di Lorena, ha sottolineato, evidenzia come la violenza scaturisca da rapporti di dipendenza, da fragilità narcisistiche e dal timore di perdere il controllo sulla vita dell’altro, dinamiche che si ritrovano purtroppo in molti altri episodi di cronaca simili.

Sul fronte legale, l’avvocato penalista Antonio Nucera ha chiarito i passaggi della vicenda giudiziaria. In un primo momento De Pace era stato condannato all’ergastolo, ma la Corte di Cassazione aveva disposto un nuovo processo di appello affinché venissero rivalutate le attenuanti generiche legate allo stress da pandemia. Successivamente i giudici di Reggio Calabria avevano confermato la pena massima, motivando in maniera più solida la non applicabilità delle attenuanti. Infine, nel maggio 2025, la Cassazione ha dichiarato definitiva la condanna, respingendo il ricorso della difesa. Nucera ha ricordato che il sistema italiano prevede tre gradi di giudizio: due di merito e uno di legittimità, in cui la Cassazione non entra nei fatti ma valuta la corretta applicazione delle norme. Il caso di Lorena, pur avendo richiesto cinque anni, è arrivato a sentenza definitiva in tempi relativamente brevi se confrontato con altri processi di pari gravità.

Nel corso della trasmissione è stata riportata anche la voce della famiglia della giovane, in particolare quella del padre Vincenzo, che negli anni ha denunciato con forza la possibilità che l’assassino potesse beneficiare di attenuanti. A suo avviso, riconoscere giustificazioni di questo tipo rappresenterebbe una sconfitta per tutte le donne vittime di violenza. In più occasioni ha ricordato che il presunto stress pandemico era privo di fondamento, dal momento che durante il lockdown il fidanzato usciva regolarmente per incontrare gli amici, mentre Lorena era concentrata sullo studio. Secondo la famiglia, il vero motivo dell’omicidio era legato alla sensazione di inferiorità provata dall’uomo di fronte ai successi e alle ambizioni della compagna.

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