Mentre il tempo per la convocazione delle elezioni e la presentazione delle liste stringe, proseguono le serrate trattative nel centrodestra e nel campo largo su alcune regioni.
Va premesso che le elezioni nelle Marche potrebbero assumere un’importante valenza simbolica e determinare eventuali reazioni a catena oggi imprevedibili. In questa piccola regione, infatti, governa ed è ricandidato Francesco Acquaroli, uomo simbolo del “melonismo”.
Una sua vittoria sarebbe quasi fisiologica, confermerebbe la buona salute e l’unità della coalizione e sarebbe un’iniezione di fiducia per il centrodestra, in vista delle elezioni che seguiranno a breve nelle altre regioni.
Viceversa, una sconfitta di Acquaroli, che è attualmente in leggero vantaggio nei sondaggi, sarebbe un serio problema per la maggioranza di governo e provocherebbe conseguenze non banali su ogni piano.
Il campo largo, superata la bufera mediatico-giudiziaria di Ricci con la ritrovata unità, prosegue la campagna elettorale con la presenza di tutti i big nazionali sul territorio. Calenda, dopo aver più volte criticato Ricci, ha scelto di non schierarsi.
L’esito appare al momento scontato in favore di Acquaroli, ma una vittoria di Ricci potrebbe sconvolgere gli equilibri già faticosamente raggiunti nel centrodestra in ogni regione. Per blindare la vittoria, sarà Giorgia Meloni in persona a chiudere la campagna elettorale.
Relativamente alle regioni al voto, tolte le sicurezze di Toscana e Calabria già in piena campagna elettorale e date per certe in continuità, come sempre il vero osservato speciale è il Veneto, tanto per la sua importanza dal punto di vista socio-economico e strategico quanto per il peso politico e di immagine che ne deriva e le possibili ripercussioni direttamente sull’alleanza di governo.
In questa regione il campo largo ha scelto serenamente il proprio candidato e osserva le mosse altrui; del resto la partita è di quelle quasi impossibili, quindi la pressione è relativa. Il centrodestra, al di là degli equilibri interni e dei legittimi appetiti, sa di non poter mettere a rischio la vittoria. Salvini anche ieri ha utilizzato il principio della continuità, mantenuto dalla coalizione nelle Marche e in Calabria, rivendicando la naturale successione per un candidato leghista. Su questo sembrano esserci pochi margini, mentre sulla querelle riguardante la lista Zaia o la candidatura da capolista del presidente in carica tutto resta in gioco. Centrando la casella del candidato presidente, i nodi dovrebbero sciogliersi più in fretta.
Un’ipotetica sconfitta in Veneto, nel centrodestra, non è presa minimamente in considerazione. Non succederà, ma se succedesse sarebbe una valanga politica senza fine.
A seguire c’è la Campania che, grazie al sagace governatore in carica, regala colpi di scena quotidiani e tiene in perenne agitazione i leader del campo largo. Schlein, Fico e Conte si muovono con estrema prudenza rispetto a De Luca, tanto che nessuno ha replicato alla bordata di ieri del governatore uscente. La candidatura Fico dovrebbe essere ormai certa, ma conoscendo De Luca la trattativa potrebbe durare fino all’ultimo istante utile e riservare qualsiasi sorpresa.
Nel centrodestra nulla di fatto: proseguono i ragionamenti e si guarda con attenzione ai segnali inviati da De Luca alla propria coalizione, i cui messaggi aprono sempre spiragli intriganti per la fantapolitica.
Prosegue le sue attività in solitaria rispetto agli schieramenti, invece, il solo candidato già ufficiale e certo: il sindaco e presidente della provincia di Terni Stefano Bandecchi, che da giorni è in campo e al lavoro per la Campania con la sua lista Dimensione Bandecchi.
Chiude la partita la Puglia, regione in cui è ancora il campo largo a non aver risolto i propri problemi. Ieri, in verità, la Schlein sembra avere chiuso la pratica Emiliano, che si è detto disponibile a non candidarsi, in cambio — si dice — di un assessorato nella giunta regionale e di un seggio sicuro a Roma alle prossime elezioni politiche del 2027.
Tutto ok quindi per Decaro? Assolutamente no. Infatti, nell’apprezzare il gesto di “generosità” di Emiliano, il candidato in pectore ha rilanciato chiedendo anche il passo indietro dell’ex presidente Nichi Vendola, che ha immediatamente risposto picche e che è ben protetto dal leader di Avs Fratoianni. Anche in questo caso, equilibri delicatissimi, rapporti in bilico, ma resta la necessità di tenere uniti tutti e non perdere una partita quasi vinta.
Tutto è instabile e in lenta evoluzione, al momento, ma c’è timore che ogni scintilla possa trasformarsi in un violento incendio. In queste tre regioni, tra equilibri interni ai partiti, trattative sulle poltrone, veti personali ed equilibri nazionali, si gioca un’importante partita che inciderà sulle sorti di leader, partiti e governo. Pertanto, al di là di aspetti tattici e schermaglie, la sensazione è che alla fine la quadra si troverà, a malincuore, in entrambi gli schieramenti.
Poi, se i cittadini saranno d’accordo con le scelte, sarà un discorso diverso.