Giorgio Armani ha incarnato una di quelle personalità così grandi che, a un certo punto della sua vita, ha potuto permettersi, senza perdere autorevolezza, anche di dichiarare per chi votava e, in un certo qual modo, lasciare a tutti anche un testamento politico.
Gli capitò di farlo circa un anno e mezzo fa, con un'intervista che concesse a Vanity Fair.
A rileggere le sue parole oggi, poche ore dopo il vertice di Pechino con i rappresentanti dei Paesi, dalla Russia alla Corea del Nord fino alla stessa Cina, in cui la libertà è una chimera per milioni di persone, sembrano davvero profetiche.
Ma cosa dichiarò Giorgio Armani, il grande stilista morto oggi a 91 anni?
E insomma: anche i Re come lui hanno votato. E Re Giorgio fece sapere come lo faceva senza problemi, anzi con una certa dose di fierezza, circa un anno e mezzo fa a Vanity Fair.
Parole che, lette oggi, quando alla parata militare del regime cinese ha preso parte anche un nostro ex presidente del Consiglio, fanno davvero venire i brividi. E già: volendo fare nomi e cognomi, a Massimo D'Alema fischieranno le orecchie, visto che, davanti ai missili atomici di un regime illiberale come quello cinese, l'ex lider máximo della sinistra si è detto "speranzoso nella pace".
E comunque, per Armani, il "passato" era il fascismo. Una volta, lo ricordò con queste parole:
Nella stessa occasione, Giorgio Armani svelò che nella sua vita non si era mai posto il problema di dire ora faccio questo, così domani ottengo quello:
Con questo modo di stare al mondo, Giorgio Armani è stato più volte celebrato dal mondo della politica. Da quella nazionale, anche se non è stato mai nominato Senatore a vita, almeno quattro volte. La prima nel 1985 quando, Francesco Cossiga Presidente della Repubblica da circa sei mesi, gli venne conferito il titolo di Commendatore della Repubblica.
Nemmeno un anno dopo, il 10 ottobre 1986, il Picconatore però decise che non bastava per un uomo come lui che già all'epoca portava il made in Italy in tutto il mondo: lo nominò Grande Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
E non finì qui: nel dicembre 2015, l'allora premier Matteo Renzi, il presidente del Coni Giovanni Malagò e il presidente del Comitato italiano paralimpico Luca Pancalli lo onorarono con il Collare d'oro al merito sportivo: la sua passione per il basket fece grande Milano anche sotto canestro.
Infine, a luglio del 2021, è stato il Presidente Mattarella a nominarlo Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al Merito della Repubblica italiana.
Ma anche all'estero Armani ebbe dei riconoscimenti dalla politica: in Francia, fu il presidente Sarkozy a celebrarlo con la Legion d'Onore.
E insomma: la classe non è acqua e Re Giorgio, oltre a vestire centinaia di politici di tutto il mondo, spesso ha fatto molto, con la sua consueta classe, anche per i diritti. La sua stessa bisessualità, del resto, lo portava naturalmente vicino alle istanze del mondo lgbtqia+, ad esempio.
Nel 2009, tra l'altro, divenne ambasciatore del movimento "Internet for Peace" fondato dalla rivista Wired Italia con lo scopo di candidare Internet al Premio Nobel per la Pace 2010.
Infine, una curiosità che probabilmente gli ha fatto sempre piacere: ha condiviso lo stesso soprannome con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. L'Italia ha avuto due Re Giorgio.