Non poteva giungere in un momento più opportuno il sostegno del direttore del Giornale Alessandro Sallusti alla riforma dell'università voluta dalla ministra Anna Maria Bernini. Anche per lui, infatti, il superamento del numero chiuso per accedere agli studi di Medicina è un primo passo importante per rendere effettivo il diritto allo studio per ogni studente e, in prospettiva, garantire all'Italia un sistema sanitario più solido.
Ma non solo: per Sallusti, la riforma rappresenta anche l'occasione per sottolineare l'importanza di avere un mondo universitario libero, dedito alla ricerca, attento a dare spazio a tutti ma senza calpestare i diritti di nessuno.
Gli ultimi fatti di Pisa, dove a un professore è stato impedito di svolgere regolarmente una lezione da un gruppo di studenti Pro-Pal, e di Torino, dove un altro è stato sospeso in quanto giudicato troppo vicino al governo israeliano, gli danno più che mai ragione.
Per Alessandro Sallusti, quindi, tutto si riconduce a un concetto: quello della libertà. Contattato da Tag24.it, alla domanda se la riforma Bernini che ha cancellato il numero chiuso per Medicina può garantire un Paese più meritocratico, la mette così:
Sallusti invita a non dimenticare che l'Italia è anche il Paese che ha impedito a Papa Ratzinger "con sessanta professori, tra cui un futuro Premio Nobel (il riferimento è a Giorgio Parisi, ndr) di parlare alla Sapienza di Roma".
I fatti ricordati da Sallusti risalgono al gennaio del 2008: papa Benedetto XVI era stato invitato all’inaugurazione del 705esimo anno accademico del prestigioso ateneo romano dal Rettore Renato Guarini. Ma, a quel punto, ci fu una sollevazione da parte di 67 professori e di parte degli studenti che arrivarono a occupare il Senato accademico. E, a seguito di queste reazioni, fu il Vaticano a declinare l'invito.
Il direttore del Giornale, in ogni caso, ha ricordato anche uno degli episodi più recenti in cui l'università non si è dimostrata un luogo dove le idee possono circolare e confrontarsi liberamente: l'episodio di Pisa:
Per questo Sallusti crede che a lui stesso sarebbe negato prendere parola in un ateneo: