Pierbattista Pizzaballa, il patriarca di Gerusalemme, è intervenuto al festival di Open, il giornale on line edito da Enrico Mentana e diretto da Franco Bechis.
Naturalmente, è stato chiamato in causa a proposito della guerra che insanguina quella regione dal 7 ottobre 2023, giorno nel quale Hamas ha sferrato un attacco senza precedenti a Israele con un pogrom che ha ammazzato 1200 ebrei e rapito altri 250.
Ora: si sta parlando molto del porporato perché non ha avuto peli sulla lingua. A quasi due anni da quel tragico giorno, ha ben descritto quanto sia difficile la situazione nella stessa Città Santa tanto da rendere ardito solo sperare che con la pace possa tornare subito una sorta di normalità.
Anche perché gli altri Stati arabi, alla prova dei fatti, non si mostrano molto solidali con i palestinesi. Da qui l'ammissione di Pizzaballa che sono percepiti come gli zingari in Europa ai tempi dei totalitarismi.
In collegamento da Gerusalemme, Pizzaballa ha ammesso che anche se la guerra finisse oggi, non sarebbe comunque la fine:
Dei palestinesi, che ora sono costretti a fuggire anche da Gaza City, dove l'esercito israeliano ha annunciato un attacco di "una forza immane", cosa rimarrà? Per loro ci sarà un futuro da rinnegati anche da parte degli altri popoli arabi?
Alla domanda se corrono il rischio di diventare "gli zingari del Medioriente", Pizzaballa ha risposto così:
Il paragone, naturalmente, richiama le tragedie del Novecento vissute in Europa.
Il patriarca Pizzaballa ha parlato anche della situazione paradossale che si vive in Israele, l'unico Paese mediorientale dove può esserci un'opinione pubblica libera:
Fatto sta che in tutta Israele da mesi ci sono manifestazioni imponenti contro il governo Netanyahu. Ormai, sondaggi alla mano, quest'ultimo è sfiduciato dalla stragrande maggioranza degli israeliani che vorrebbe la fine immediata delle ostilità con la restituzione degli ostaggi, vivi o morti che siano.
Pizzaballa, però, la vede così:
In ogni caso, nemmeno il patriarca Pierbattista Pizzaballa ha utilizzato, nel suo intervento al festival di Open, la parola genocidio.
Del resto, lo stesso Prevost, nella sua prima intervista che ha rilasciato da pontefice, ha definito un "orrore" quanto sta accadendo a Gaza. Ma, di fronte alla parola genocidio, ha preferito non esprimersi:
ha dichiarato il Papa. Per il quale, evidentemente, utilizzare la parola "genocidio" non aiuta a venire fuori dall'incubo della guerra e a salvare vite umane per un popolo ostaggio di un'organizzazione criminale e con un futuro sempre più precario davanti a sé.