Divieto totale di smartphone in classe e regolamenti più severi su abbigliamento e look: queste le nuove regole adottate dagli istituti scolastici con l’inizio del nuovo anno scolastico. Dietro queste misure c’è la volontà di limitare le distrazioni e creare un ambiente più concentrato, ma non tutti sono convinti che funzionino davvero.
Il divieto di portare il cellulare sui banchi, già in vigore in alcune regioni, diventa ora una norma condivisa a livello nazionale, anche se ogni istituto mantiene autonomia nella gestione. Lo smartphone va spento e tenuto nello zaino per tutta la durata delle lezioni e chi lo usa senza autorizzazione riceve prima un richiamo verbale, poi una nota disciplinare; nei casi di recidiva il consiglio di classe può decidere fino a tre giorni di sospensione.
Se il telefono viene usato durante una verifica o un esame, la prova è automaticamente annullata, senza possibilità di recupero, e scattano sanzioni più pesanti. Diffondere foto o video senza permesso può costare caro: fino a quindici giorni di sospensione e, nei casi più gravi, una denuncia alle autorità competenti. Le scuole motivano queste misure con la necessità di tutelare la privacy, prevenire episodi di cyberbullismo e garantire che le ore di lezione non siano interrotte da notifiche e scambi di messaggi.
Molti docenti sostengono che l’assenza di cellulari in classe favorisca l’attenzione, ma non mancano le voci critiche: diversi genitori e pedagogisti sottolineano che i dispositivi digitali, se utilizzati in modo guidato, potrebbero invece diventare strumenti didattici preziosi.
Accanto al tema smartphone, torna la discussione sull’abbigliamento scolastico. Top corti, scollature profonde, gonne o pantaloni troppo corti, jeans strappati, ma anche cappelli, piercing vistosi, trucco marcato e capelli dai colori accesi sono al centro di nuovi regolamenti. Alcuni istituti hanno reintrodotto la divisa o il grembiule, altri prevedono deroghe stagionali per affrontare il caldo, ma in generale l’intento è quello di creare un ambiente percepito come più ordinato e inclusivo.
Anche in questo caso le critiche non mancano: c’è chi denuncia un’eccessiva rigidità e un’attenzione sproporzionata verso l’abbigliamento femminile, con regole che rischiano di trasformarsi in una limitazione della libertà personale e di espressione.
La domanda che attraversa entrambi i dibattiti è la stessa: è davvero il divieto la soluzione migliore? Molti esperti di pedagogia propongono un approccio diverso, basato sull’educazione all’uso consapevole della tecnologia e sul rispetto reciproco. In quest’ottica, la scuola non sarebbe solo il luogo che impone regole, ma anche quello che insegna a gestire strumenti e scelte personali, preparando gli studenti a muoversi con responsabilità in una società sempre più connessa e attenta alle diversità.
Il nuovo anno scolastico, dunque, si apre all’insegna di regole più severe, ma anche di un confronto acceso tra chi vede in questi divieti un passo avanti verso ordine e concentrazione e chi li considera un freno alla libertà e alla crescita individuale.
A cura di Chiara Bollo