Ci sono anche loro: potevano mai mancare le femministe di casa nostra nei cortei di Roma e delle altre principali città italiane che segnano l'apice dello sciopero generale indetto dai sindacati di base per Gaza? Evidentemente no. Un giorno all'anno anche loro possono abbandonare i salotti. E scendere in piazza perpetrando la peggior tradizione dell'ipocrisia italiana.
Le nostre, infatti, sono femministe a corrente alternata.
Per loro, comprese quelle del gruppo "Non una di meno", ci sono donne che meritano di essere tutelate e donne, invece, che possono subire di tutto: rapimenti, violenze, stupri, atroci morti.
Come spiegare altrimenti il loro sostegno senza se e senza ma alla Palestina (che poi vuol dire sostegno senza se e senza ma all'organizzazione terrorista che governa la Striscia, Hamas) e il silenzio assoluto, se non la condanna, delle donne ebree che dal 7 ottobre 2023 sono state uccise, violentate o rapite?
È uno dei controsensi più incredibili di questi tempi: come fanno le femministe a essere così miopi davanti alle violenze che il fondamentalismo islamico, la dottrina che tramite Hamas regna nella Striscia di Gaza, riserva alle donne palestinesi nonché a quelle ebree?
Indossando i copricapi viola e sbandierando il vessillo della Palestina non fanno altro che abboccare alla propaganda di Hamas che impone una società iper-patriarcale, dove l'uomo comanda e la donna ha zero diritti.
Ma tant'è: per le femministe italiane, soprattutto nel giorno dello sciopero generale per Gaza, i terroristi di Hamas sono dei resistenti. Nulla di più falso: sono uomini che non si fanno scrupoli a utilizzare la popolazione civile della Striscia come scudo umano, comprese donne e bambini.
Il cortocircuito delle femministe è del tutto evidente. Pari solo a quello degli attivisti per i diritti della comunità Lgbtqa+ che organizzano i Gay Pride con le bandiere palestinesi senza sapere (o facendo finta di non sapere) che gli omosessuali e le lesbiche, nella Palestina di Hamas, vengono lapidati, imprigionati, uccisi. Ma con quale logica, c'è allora da chiedersi, urlano come delle ossesse:
"Free", libera, da chi dovrebbe essere anzitutto la Palestina se non da chi la governa come se fossimo nel peggior medioevo?
"Free Palestine from Hamas", prima di tutto da Hamas, dovrebbe essere il loro slogan più giusto e coerente.
E invece: il conformismo senza pensiero dilaga. Per fortuna che, proprio questa mattina, non è mancato chi l'ha criticato aspramente, come la giornalista Giorgia Petani di Libero:
Petani, poi, è andata nello specifico:
Ancora la giornalista di Libero ha sottolineato:
Come non pensare allora che le femministe anche oggi, giorno dello sciopero generale, non hanno fatto altro che cavalcare l'onda del momento per fare l'unica cosa che ritengono sempre e comunque giusta: contestare il governo di centrodestra?
ha scritto ancora Giorgia Petani, concludendo in questo modo: