La leadership, in psicologia, può essere definita come la capacità di influenzare, motivare e guidare un gruppo di persone verso obiettivi condivisi. Di conseguenza, la leadership all’interno di un ambiente lavorativo, non si riferisce unicamente all’occupazione di una posizione di potere, ma al contrario si riferisce al modo di sviluppare un insieme di competenze e comportamenti che favoriscono la coesione e l’efficacia del team.
Ma cosa succede quando il capo diventa la principale fonte di ansia e malessere? Sempre più spesso si parla di leadership tossica, un fenomeno che non solo compromette la salute dei dipendenti, ma anche la produttività e il clima aziendale.
La leadership tossica è uno stile di gestione dannoso che influisce negativamente sul morale e sulla produttività dei dipendenti. Questo accade quando un manager utilizza dei comportamenti autoritari, che svalutano o manipolano il dipendente generando stress. Si tratta di uno stile di gestione che mina la fiducia, riduce la motivazione e, nei casi più gravi, favorisce fenomeni come burnout e turnover.
Tra i segnali più comuni troviamo:
La normativa italiana, attraverso l’art. 2087 del Codice Civile, impone ai datori di lavoro di garantire la salute fisica e psicologica dei dipendenti. Una leadership tossica rientra nei rischi psicosociali che le aziende devono prevenire.
La leadership tossica è una delle principali cause di stress lavoro-correlato. Affrontarla significa proteggere la salute psicologica dei dipendenti e garantire un ambiente lavorativo sano. Le aziende che investono in stili di leadership positivi e inclusivi non solo riducono lo stress, ma favoriscono anche crescita, motivazione e produttività. A cura di Carlotta Lucon