È recente la diffusione di un podcast nel quale Salvatore Riina Jr. racconta suo padre, il boss mafioso Totò Riina. Non è una trasmissione televisiva, ma le polemiche restano le stesse. Perché il medium cambia, ma la questione resta: chi ascolta, cosa apprende, che messaggio passa?
Perché scatena indignazione
- Il fatto che un discendente di Riina parli “in prima persona” rischia di umanizzare, o quantomeno normalizzare, una figura collegata a crimini efferati.
- Il podcast concede spazio narrativo, profondo, intimo, che può generare forme di empatia ambigue o conflitti morali.
- Non è chiaro se ci sia distanza critica: il rischio è che la voce del “figlio di” diventi un testimonial involontario della memoria distorta.
Media, memoria e responsabilità
Che sia podcast, radio, TV o social, i medium trattano la memoria come se fosse intrattenimento. Ma la memoria delle mafie non è un genere narrativo: è storia di lutto, violenza, stragi, e ha bisogno di rispetto, di contesto, di critica.
Quando lo stesso mezzo che intrattiene diventa spazio per interviste a chi con quel passato ha un legame, la responsabilità del conduttore diventa enorme.
Siamo nel 2025, a 30 anni dagli arresti eccellenti, eppure la TV italiana sembra ancora prigioniera del fascino del male. Lo share prima della dignità. L’audience prima della memoria delle vittime.
L’effetto imitazione morale
Ascoltare queste narrazioni senza riflessione può:
- favorire curiosità morbosa invece che consapevolezza;
- offrire modelli ibridi: eroe o vittima, ma connessi a figure radicalmente criminali;
- generare senso di giustificazione o relativismo morale.
La memoria non è un prodotto
Possiamo davvero accettare che un figlio di Riina, senza alcuna presa di distanza dai crimini del padre, venga trattato come una star?
Cosa stiamo insegnando alle nuove generazioni?
È legittimo ascoltare storie, anche complesse e scomode. È essenziale che chi le narra – giornalisti, podcaster, conduttori – non smetta mai di chiedersi: “Perché parlo di questo?”. “Che effetto avrà su chi ascolta?”
A cura di Gaetanina Narciso