25 Sep, 2025 - 13:55

Don Alberto e la pubblicità degli integratori: quale messaggio pedagogico e spirituale trasmette davvero?

In collaborazione con
Gaetanina Narciso
Don Alberto e la pubblicità degli integratori: quale messaggio pedagogico e spirituale trasmette davvero?

Don Alberto e gli integratori: fede, benessere o marketing?

Sta facendo discutere il caso di don Alberto, sacerdote di Milano, apparso in una pubblicità per un integratore naturale. 
Il volto di un uomo di Chiesa usato per promuovere un prodotto commerciale ha scatenato reazioni contrastanti: c'è chi lo difende come moderno e comunicativo, e chi invece vede un confine etico superato.

Una figura spirituale può “vendere” benessere?

Il messaggio veicolato è delicato. 
Quando un prete parla di salute fisica legandola a un prodotto commerciale, il rischio è di:
- attribuire autorità morale a una scelta di consumo;
- generare fiducia “religiosa” in qualcosa che dovrebbe essere valutato scientificamente;
- confondere il piano della fede con quello del mercato.

Pedagogicamente, l’ambiguità è forte.
Un prete non è un medico, non è un influencer, è un educatore spirituale. Le sue parole e scelte sono cariche di significato per i fedeli, soprattutto per chi è fragile o vulnerabile.

Il potere del simbolo: fede o brand personale?

Chi veste l’abito talare rappresenta una comunità, non solo sé stesso. 
Anche se l’intento può essere onesto — promuovere uno stile di vita sano o una testimonianza personale — la percezione collettiva è un'altra cosa. 
In un’epoca in cui la spiritualità è spesso sfruttata per “vendere bene”, serve cautela.

Pedagogia della coerenza

L’educazione si basa sull’esempio, sulla coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa. 
Se la Chiesa denuncia il consumismo, l’ostentazione, la logica dell’apparire, allora anche i suoi rappresentanti devono evitare ambiguità comunicative.

Un prete testimonial rischia di:
- ridurre la fede a un brand personale;
- alimentare una cultura dove anche il messaggio evangelico diventa strumento di marketing;
- confondere il sacro con il commerciale.

 

Quando la fede viene usata, tutti perdiamo

 

Questo episodio — seppur fatto a fin di bene — apre una riflessione profonda: 
Viviamo in un’epoca in cui tutto può diventare virale, perfino ciò che dovrebbe rimanere sacro. 
Il confine tra informazione e manipolazione, tra cura e consumo, tra fede e spettacolo, è sempre più sottile.

Proteggere i simboli spirituali dalla mercificazione non è solo un dovere etico, è un atto pedagogico. 
Perché educare significa anche insegnare a distinguere ciò che cura davvero da ciò che seduce e confonde.

Servono guida, non gadget

La fede ha il compito di accompagnare le persone nella complessità della vita, non di semplificare tutto in uno slogan. 
I sacerdoti non sono influencer: sono guide, testimoni, educatori.
Promuovere salute è giusto. Ma farlo usando la tonaca come leva di marketing rischia di oscurare il vero messaggio del Vangelo: cura, ascolto, rispetto, autenticità.

A cura di Gaetanina Narciso

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