01 Oct, 2025 - 11:29

Flotilla speronata da navi militari: la testimonianza di Yassin Lafram

Flotilla speronata da navi militari: la testimonianza di Yassin Lafram

La notte appena trascorsa segna un nuovo drammatico capitolo per la Global Sumud Flotilla, impegnata in una missione umanitaria diretta verso la Striscia di Gaza. A raccontare in prima persona quanto accaduto è Yassin Lafram, uno dei partecipanti a bordo di una delle barche civili della spedizione, intervistato oggi da Radio Cusano Campus.

Le sue parole restituiscono il quadro di una traversata sotto altissima tensione, in cui la presenza e le manovre delle navi militari israeliane hanno messo a rischio l'incolumità dei presenti, segnando una netta linea fra l'iniziativa umana e la brutalità degli interventi di deterrenza nel Mediterraneo.

Una notte di paura e tensione

All’alba, Yassin Lafram descrive le condizioni a bordo: equipaggio provato, uomini e donne che hanno cercato di riprendersi dopo una notte difficilissima. Diverse navi militari israeliane - ha spiegato - si sono avvicinate pericolosamente alle piccole imbarcazioni civili, sfiorando più volte la collisione e attuando una vera e propria strategia di intimidazione.

Nei racconti di Lafram, la minaccia di essere abbordati – già preannunciata per le prossime ore – si fa concreta e si somma a quella appena vissuta. “Pensavamo di essere abbordati e dovevamo riorganizzarci in fretta e furia”, ha dichiarato, sottolineando lo stress e la paura vissuti dall’intera spedizione.

Un’operazione umana sotto assedio

Il quadro che emerge dalle dichiarazioni è quello di un’azione umanitaria che si trova a confrontarsi direttamente con azioni di guerra, non solo simboliche. Lafram ricorda che tra gli attivisti vi sono civili: medici, ingegneri, genitori, lavoratori. Il loro obiettivo è “rompere o mettere in discussione l’assedio su Gaza, mai sfidato così apertamente dal 2009”.

L’assedio, spiega, è usato come arma di guerra contro una popolazione che soffre ed è proprio questa realtà che la flottiglia vuole denunciare e contrastare con la propria presenza.

Rischio collisione e uso della forza

In particolare, Lafram rivela che la nave madre “Alba” è stata quasi speronata dalle navi militari israeliane, un gesto che poteva facilmente tradursi in tragedia. “Gli israeliani sanno perfettamente cosa fanno in mare - sono addestrati per questo. Noi siamo civili, con capitani esperti ma pur sempre su piccole barche”, racconta. Il clima a bordo oscilla tra la paura, definita “sana e naturale”, e la determinazione a portare a termine la missione nonostante i rischi immediati, anche per la consapevolezza dell’enorme disparità di forza in campo.

Bombe sonore e danni a bordo

Già nella notte di sei giorni prima, la flottiglia aveva subito un attacco diretto con bombe sonore: in quell’occasione, l’onda d’urto aveva spezzato il cavo che sosteneva l’albero di una delle barche. Lafram sottolinea quanto fosse potente e resistente quel cavo, invitando a riflettere sulle possibili conseguenze per l’equipaggio se l’impatto avesse coinvolto una persona. “Non è un gioco, non è una crociera: la nostra è una missione per la vita, contro la fame e la guerra”.

Politica, media e un’Italia in allerta

L’eco politica e mediatica dell’operazione è fortissima, tanto che la stessa stampa israeliana, racconta Lafram, riporta i reiterati alt imposti dal governo di Tel Aviv e le minacce di sequestro di centinaia di attivisti. In Italia, la tensione cresce: la CGIL ha annunciato uno sciopero se anche un solo partecipante sarà bloccato, e sono in programma manifestazioni di supporto. Lafram evidenzia il rischio reale che la vicenda possa avere ripercussioni anche sulle dinamiche interne del nostro Paese.

Verso l’abbordaggio: nelle acque vietate

Mentre la flottiglia naviga nelle acque definite “zona arancione” da Israele – già ben oltre le 12 miglia delle acque territoriali di Gaza, che Lafram definisce “occupate illegittimamente” – la posizione degli attivisti rimane chiara: nessuno si aspetta una semplice richiesta di stop, bensì un vero intervento coattivo e un abbordaggio militare imminente. E il messaggio finale, rilanciato dallo stesso Yassin Lafram, è un appello a preservare la dignità e la vita umana in una situazione che di umanitario rischia di avere sempre meno.

 

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