01 Oct, 2025 - 15:00

Rapito e portato in Kazakistan, il padre di Adelio Bocci: "Da anni lo aspetto, lo Stato mi aiuti"

Rapito e portato in Kazakistan, il padre di Adelio Bocci: "Da anni lo aspetto, lo Stato mi aiuti"

È una storia di battaglie, denunce e attese quella raccontata da Giovanni Bocci, padre del bambino che dieci anni fa - all'età di appena due anni - fu rapito dalla madre e portato in Kazakistan con documenti falsi. Oggi Adelio, questo il suo nome, ha 12 anni e continua a vivere lontano dal genitore, che secondo la legge italiana ne detiene la responsabilità esclusiva. Non si hanno nemmeno certezze su dove si trovi. Eppure le istituzioni - lamentano i familiari - non starebbero facendo nulla per aiutarli a cercarlo e riportarlo a casa.  

L'inizio del calvario: il rapimento e il trasferimento in Kazakistan

Tutto è iniziato il 28 ottobre 2015. Giovanni si trovava a Potenza per lavoro quando, non riuscendo a mettersi in contatto con la moglie - una donna conosciuta anni prima mentre lavorava in Kazakistan - chiese alla sorella Elsa di andare a controllare che lei e il figlio stessero bene, facendo la terribile scoperta.

La donna aveva portato via il bambino dalla loro abitazione di Brindisi, lasciando solo una lettera di scuse. "Diceva che ero un buon padre, ma che, per vedere mio figlio, d'ora in poi sarei dovuto andare in Kazakistan", racconta l'uomo. Adelio all'epoca aveva appena due anni e i suoi documenti erano rimasti a casa.

"Non ho mai capito come sia stato possibile farlo uscire dall'Italia senza passaporto. Ad oggi resta un mistero", spiega Giovanni. "Io e la signora non avevamo mai avuto problemi - aggiunge - Al nostro arrivo in Italia, dopo il matrimonio e la nascita di Adelio, le feci ottenere il permesso di soggiorno. Vivevamo tranquillamente".

Le battaglie del padre di Adelio e dei suoi avvocati

Giovanni presentò subito ai carabinieri una denuncia per sottrazione di minore nei confronti della donna, che nel frattempo è stata condannata in contumacia due volte, più una volta per diffamazione, per un totale di tre anni complessivi di reclusione.

Pena che non ha mai scontato. Nessuna delle condanne è stata eseguita. "A suo carico - dichiara l'ex marito - ci sono tre mandati di cattura internazionale. Mi chiedo che fine abbiano fatto: sono fermi in qualche cassetto di un ministero?", si domanda. 

A seguito delle condanne, i giudici gli hanno riconosciuto la responsabilità genitoriale esclusiva. Eppure, di contatti con Adelio lui non ne ha più. "Sono mesi che non lo vedo. L'ultima videochiamata, a giugno scorso, è durata appena cinque minuti, sotto la supervisione del consolato".

Secondo l'avvocato che lo assiste, Pierluigi Vicidomini, le autorità italiane avrebbero ignorato le disposizioni della Convenzione dell'Aja sulla sottrazione internazionale di minori. Per questo, qualche mese fa, ha denunciato i ministeri della Giustizia e degli Esteri per omissione di atti d'ufficio.

"La verità - denuncia Giovanni - è che sono stato lasciato solo. Nessuna istituzione mi ha aiutato concretamente. Ho dovuto trovare avvocati fuori dalla mia città, perché nessuno voleva esporsi". Di risultati, però, neanche l'ombra.

Il sit-in in programma per il 2 ottobre e l'appello di Giovanni: "Aiutatemi"

Giovedì 2 ottobre, in piazza Santa Teresa a Brindisi, l'associazione Penelope - da anni al fianco della famiglia Bocci - ha organizzato un sit-in per chiedere verità e giustizia per Adelio. L'obiettivo è quello di rompere il silenzio e riportare l'attenzione pubblica sul caso.

"È grazie a Penelope e ai miei legali che sto resistendo, ma inizio ad essere stanco", spiega Giovanni. Che lancia poi un appello allo Stato e a tutti i cittadini disposti a sposare la sua causa, aiutandolo a riportare il figlio a casa. "Voglio solo poter riabbracciare Adelio, come ogni genitore", dice con forza.

"Se esiste ancora una giustizia, è ora che intervenga. Mio figlio ha la cittadinanza italiana. Come ogni bambino, ha diritto di crescere libero, e non ostaggio di due Paesi". Ha diritto di crescere con suo padre, che lo aspetta da anni ormai a braccia aperte.

"Una delle ultime volte che l'ho visto era pieno di lividi - conclude Giovanni - Ho mandato le foto a chi di dovere, chiedendo che intervenissero e controllassero. Sono andati da lui dopo due mesi, dicendomi che non era successo niente. Da quello che sappiamo, non vive neanche con sua madre, ma con terzi. Eppure nessuno si muove. Vi prego: aiutatemi". 

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