03 Oct, 2025 - 13:30

La violenza sugli uomini censurata dall'ideologia woke: solo la donna può essere vittima

La violenza sugli uomini censurata dall'ideologia woke: solo la donna può essere vittima

Quando si parla di violenza domestica, psicologica o sessuale, il dibattito pubblico e mediatico punta quasi esclusivamente l’attenzione sulle donne. Innumerevoli campagne, servizi televisivi e titoli di giornali raccontano la drammaticità delle vittime femminili, trascurando del tutto un’altra faccia della realtà: quella degli uomini che subiscono violenza.

Un fenomeno meno visibile, avvolto dal silenzio e spesso considerato marginale, quando in realtà riguarda migliaia di persone in Italia e milioni nel mondo.

Violenza sugli uomini, tabù sociale e culturale

La violenza sugli uomini rompe uno degli schemi più radicati nella nostra società: l’idea che l’uomo sia sempre forte, dominante, incapace di diventare vittima.

Ammettere di subire maltrattamenti, ricatti o aggressioni non solo appare umiliante agli occhi della società, ma viene anche sminuito dalle stesse istituzioni che dovrebbero garantire tutela. Frequenti sono gli episodi in cui denunce presentate da uomini non vengono prese sul serio, oppure restano a lungo inevase.

Questo accade perché si tende a ritenere che una donna non possa rappresentare una minaccia fisica, e che l’uomo dovrebbe sempre essere in grado di difendersi. In realtà, la violenza maschile subita ha molto spesso carattere psicologico, economico e ricattatorio: minacce di sottrarre i figli, isolamento sociale, denigrazione, oppure persino accuse strumentali che rischiano di distruggere reputazioni e carriere.

I dati ignorati

A livello statistico, i report ufficiali che studiano la violenza domestica mettono in secondo piano le vittime di sesso maschile. In Italia, studi e sondaggi raccontano che circa un uomo su cinque ha sperimentato almeno una volta nella vita una forma di abuso da parte della partner, fisico o psicologico.

Se guardiamo ai dati europei, il numero sale ulteriormente: milioni di uomini hanno subito minacce, aggressioni o controllo economico da parte della compagna.

Nonostante la gravità, questi dati faticano a trovare spazio nella narrazione pubblica. Quando si parla di violenza domestica, i giornali la descrivono come “emergenza femminile”, riducendo gli uomini vittime a casi isolati o a statistiche insignificanti.

Il ruolo dei media e del politicamente corretto

Una delle ragioni principali di questa invisibilità è il modo in cui i media trattano la questione. Il giornalismo mainstream non considera la violenza sugli uomini una notizia rilevante, e preferisce spingere una narrazione che riconduce la violenza di genere soltanto alla sofferenza femminile.

Questo accade perché l’agenda dettata dal politicamente corretto e dall’universo “woke” ha deciso che l’unica violenza degna di considerazione sia quella maschile contro le donne.

In un contesto sociale in cui si dà enorme risalto al linguaggio inclusivo, alle battaglie di genere e alla rappresentazione femminile in politica e nei media, parlare di uomini vittime rischia di apparire come una provocazione o addirittura come un tentativo di “sminuire” le difficoltà delle donne.

In realtà, le due battaglie non sono in contrapposizione: riconoscere che uomini possano subire violenza non toglie nulla all’urgenza di difendere le donne, ma è una questione di onestà intellettuale e di giustizia sociale.

Silenzio e derisione

Un altro fattore che rende complessa la denuncia maschile è la paura del ridicolo. Denunciare violenza fisica o psicologica subita da una donna viene spesso visto come un segno di debolezza. La vittima maschile non solo deve combattere contro l’aggressore, ma anche contro gli stereotipi sociali che lo bollano come “poco uomo” se ammette di essersi trovato in una situazione del genere.

Questa dinamica spiega perché molti casi non emergono: lo stigma sociale è più forte della volontà di chiedere aiuto. Non sorprende quindi che molti uomini scelgano il silenzio, vivendo in solitudine tra sensi di colpa, ansia e depressione.

Verso un cambiamento necessario

Per superare questo squilibrio serve un cambio di paradigma culturale. La violenza non ha un solo volto, non riguarda un solo genere. Può assumere forme differenti e colpire chiunque, indipendentemente dal sesso o dal ruolo sociale. Se davvero vogliamo costruire una società più giusta, dobbiamo rompere il tabù e iniziare a raccontare anche le storie scomode, quelle che non rientrano nella narrazione politicamente corretta.

Occorre che le istituzioni aprano sportelli specifici per uomini vittime di violenza, offrendo sostegno psicologico, legale e sociale a chi ha paura di parlare. E occorre che i media abbandonino il filtro ideologico che seleziona quali vittime meritino attenzione e quali no.

Perché il principio di uguaglianza non può valere a giorni alterni: la dignità umana non ha genere, e ogni vittima merita ascolto e protezione.

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